REDAZIONE FIRENZE

"Giovani e lavoro: la qualità conta più dei soldi"

L’analisi della Cisl sulla mancanza di figure professionali. "Sono cambiate le prospettive, nessuno accetta di essere sottopagato"

"I giovani? Più che guardare al guadagno, chiedono la qualità delle condizioni di lavoro e prospettive di crescita professionale. Non sono fannulloni, non c’entra il reddito di cittadinanza". A dirlo Alessio Nasoni e Simona Pirrone, dello sportello lavoro della Cisl di Firenze e Prato, che hanno il polso di quello che sta accadendo nel mondo del lavoro. "I giovani sono sempre più preparati – spiegano – e il Covid ha cambiato le prospettive. Adesso i ragazzi non stanno attenti solo al mero guadagno, ma anche a quelli che sono l’ambiente di lavoro, le prospettive di crescita professionale, la conciliazione di vita e lavoro. Si vogliono realizzare".

La professione più ambita? Fare l’impiegato amministrativo. Le figure che le aziende non trovano? Quelle tecniche. "Ma è un problema annoso", fanno presente. "Le aziende non hanno più la pazienza di tirare su le nuove leve. Vogliono assumere persone già pronte per il lavoro. Ma per questo è necessario rivedere tutto il sistema di politiche attive e formazioni preparatorie, che va finalizzato a ciò che le aziende ricercano". La colpa, però, non è delle scuole. "Spesso si chiede alla formazione quel che non è in condizione di fare per mancanza di risorse".

E sui giovani fannulloni, che non vogliono lavorare, ma preferiscono il reddito di cittadinanza o la disoccupazione? "Sono polemiche strumentali", rispondono i due esperti. "Ovviamente, quando un giovane rifiuta un lavoro, bisogna indagare sul tipo di contratto stato proposto, quale offerta economica, perché rispetto a prima i giovani sono senz’altro meno disposti a essere sottopagati". "Diamo l’opportunità ai ragazzi – concludono – di entrare nel mondo del lavoro con un’adeguata forma contrattuale, con una formazione, che l’azienda sempre meno è disposta a dare, e con possibilità di crescita professionale".

Eppure delle figure, anche pagate bene, continuano a mancare, sopratutto nel settore turistico, che, dopo due anni di stop, ha ripreso ad assumere. "E’ una situazione drammatica, ma partita prima della pandemia. Forse – dice Giancarlo Carniani, albergatore, fondatore a Firenze della prima accademia italiana di alta formazione nell’ospitalità – c’è una visione un po’ limitata di quanto sia bello questo settore e quante opportunità possa offrire ,non sono solo quella di fare il cameriere o il facchino. Il turismo offre un sacco di lavori bellissimi". "E’ anche vero che nei due anni di stop molti lavoratori del settore si sono ricollocati altrove. Inoltre, la ripartenza è arrivata per tutti insieme, dagli alberghi, ai camping, ai ristoranti, alle compagnie aeree. Così siamo tutti in grande difficoltà". "Non è nemmeno un problema solo italiano – prosegue – ma mondiale. Negli Stati Uniti ci sono alberghi di lusso che non riescono a rifare le camere per mancanza di personale".

Infine, ma non ultimo, la pandemia ci ha cambiati. "Dai colloqui emerge che le persone hanno riscoperto il valore del tempo e il nostro è un lavoro che assorbe tempo, il sabato e la domenica e quando gli altri sono in vacanza. Le priorità, dopo il Covid, sono cambiate. Il modo di concepire la vita – conclude – è diverso".

Monica Pieraccini