Il 29 dicembre sarà il settantacinquesimo anniversario della morte di Giovanni Bertini, nato a Prato il 24 maggio 1878 e morto nel 1949. E’ stato un pioniere dell’impegno politico dei cattolici democratici in Italia.
Infatti, dal 1870 al 1913, i cattolici erano vincolati al non expedit voluto dal papa Pio IX: il non expedit era la proibizione religiosa e civile con cui il Papa obbligava i cittadini di fede cattolica a non partecipare alle elezioni politiche, né come elettori né come candidati alla Camera dei deputati del Regno d’Italia.
Bertini, insofferente a questo declassamento voluto dal Vaticano, degli italiani cattolici a cittadini di serie B, si ribellò candidandosi, e poi venendo eletto, consigliere comunale di Prato e consigliere provinciale di Firenze.
Aveva studiato al Cicognini di Prato e si era laureato all’università di Pisa con il filosofo ed economista Giuseppe Toniolo, recentemente dichiarato beato dalla Chiesa di Roma.
Nel 1913 Bertini diventò deputato come cattolico indipendente nelle liste liberali. Dopo la Prima guerra mondiale, il papa Benedetto XV acconsentì alla formazione del Partito popolare di don Luigi Sturzo, a cui partecipò anche Bertini.
Eletto deputato del Ppi nel 1919, nel 1921 e nel 1924, fu sottosegretario nei governi Nitti e Giolitti, e ministro dell’Agricoltura nel governo Facta. Fervente antifascista, votò lo stato d’assedio, nel Consiglio dei ministri, per impedire la marcia su Roma, che fu revocato dal re Vittorio Emanuele III per favorire l’ascesa di Benito Mussolini a capo del governo, il 28 ottobre 1922.
Dopo una vita in difesa dei contadini e della povera gente, si ritrovò a fare l’avvocato nelle preture delle province toscane ed emiliane. Caduto il fascismo fu tra i padri costituenti e poi senatore di diritto per la Democrazia cristiana fino alla morte del 1949. Un uomo esemplare, che si ribellò alla dittatura dei preti sulle coscienze dei cattolici e a quella del fascismo, e che onorò con la sua presenza anche l’allora prestigioso consiglio provinciale di Firenze.