Gurrieri
Con una bella e circostanziata introduzione dal titolo ‘Biografia del Diavolo: profezie di Giovanni Papini’ (Clichy), Luca Scarlini ci reintroduce (a distanza di 70 anni dalla pubblicazione de “Il diavolo”, mandato allora in stampa con la sua casa editrice d’elezione Vallecchi) ad uno dei passaggi culturali più vivaci della prima metà del Novecento. Con quel libro, Papini, quasi cieco e gravemente malato, tornò a far parlare di sé con non minori polemiche di quante l’avevano accompagnato molti anni prima, nel 1913, con ‘Un uomo finito’. Scriveva così Papini: "Noi non pretendiamo che questi sentimenti vengano accettati oggi dalla dottrina ufficiale della Chiesa docente e tanto meno pretendiamo di far le sue veci e le sue parti". Il grande scrittore fiorentino, ci ricorda Scarlini, dal tempo della sua conversione e della ‘Vita di Cristo’, divenuto best-seller internazionale dopo l’edizione in inglese del 1923, era annoverato tra i difensori provetti della fede cattolica. Tuttavia non tutti accolsero favorevolmente quel libro, a cominciare dall’Osservatore Romano che lo definiva “scapigliato”, proponendo addirittura di metterlo all’Indice. Ma la figura provocatoria di ‘Gianfalco’ (pseudonimo di Papini) nella lunga militanza nel ‘Frontespizio’ era la migliore e inattaccabile garanzia di ortodossia cattolica. Certo è che la vivacità del dibattito tornò bene al clima oppositivo della sinistra che con Einaudi pubblicava ‘Io e l’inconscio’ di Jung e i dubbi di Pavese con i ‘Dialoghi di Leucò’ e che poco dopo vedeva accendersi, vivacissima, la polemica intorno a ‘Lettera a una professoressa’ di Don Milani. Così, questo Diavolo papiniano, descritto e ordinato in 82 schede, è proposto e guidato da "un senso di carità e di misericordia; studiato, libero da pregiudizi e prevenzioni": oggi, forse, non meno attuale di allora.