
Morte nella caserma Fadini: ecco cosa è accaduto all'artificiere
Firenze, 2 dicembre 2018 - Un locale dato in uso informalmente agli artificieri, dove degli esplosivi sono stati accatastati in barba alle più elementari norme di sicurezza senza segnalarne la presenza e dove un poliziotto svolgeva, nonostante i richiami ricevuti, il suo hobby di modellismo. E’ una relazione choc quella dell’Ufficio Centrale Ispettivo del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, agli atti del procedimento della procura per l’incendio alla caserma Fadini in cui, il 25 febbraio scorso, morì il sovrintendente capo Giovanni Politi. Un documento, firmato dal Medico Superiore della polizia di Stato, Paola Francesca Maria Buccisano, che è stato inviato al procuratore titolare dell’indagine, Fabio Di Vizio, ma che costituisce anche una sorta di revisione delle condizioni di sicurezza in luoghi in cui prestano servizio decine di poliziotti, dipendenti dello Stato.
La stanza 55 Il locale in cui è divampato il rogo mortale – l’orologio della vittima si è fermato all’ora dell’esplosione, come ha accertato la perizia del consulente esplosivista Paride Minervini –, è la stanza numero 55 della Fadini. Si trova al primo piano della caserma, lato via del Pratello. Era stata informalmente assegnati al nucleo artificieri una decina d’anni fa. Ogni appartenente a questo nucleo era in possesso delle chiavi. La stanza era in attesa di ristrutturazione: non aveva servizi igienici funzionanti ed era priva del riscaldamento.
Bombe e fuochi pirotecnici Dentro il locale in cui divampò l’incendio erano stati ammassati degli artifizi pirotecnici scaduti (circa 757 pezzi), in attesa di distruzione, provenienti dalla polizia di Talamone. Non solo. C’era anche «polvere pirica e da lancio, contenuta in 4/5 barattoli di vetro, munizioni inerti come bombe e proiettili di tipologia varia, materiale cartaceo appartenente al nucleo artificieri, utensili ed attrezzi, in uso agli artificieri, artifizi da segnalazione nautica, una scatola contenente fuochi pirotecnici, cartucce varie e altro materiale in attesa di essere distrutto».
I modellini Nella stanza 55, usata dagli artificieri per riporvi gli effetti personali durante i turni di servizio, vi erano anche, si legge nella relazione firmata dall’ufficio del Ministero, «automodelli radiocomandati, materiale ferroso e legnoso che Politi, utilizzava per la sua attività di hobbistica e modellisimo nonostante fosse stato ripetutamente ammonito dal responsabile affinchè non svolgesse le predette attività personali sul luogo di lavoro».
I sopralluoghi Nei cinque anni precedenti alla tragedia, il datore di lavoro, cioè il questore di Firenze, non ha ricevuto richieste di accesso ai locali della Fadini da parte dei rappresentanti della sicurezza. E non è stato mai neppure oggetto di segnalazioni l’uso «incongruo» della stanza 55, dicono le conclusioni dell’ispettore. La stanza 55, e anche le altre, non erano e non sono munite dell’impianto antincendio. Secondo Buccisano, però, «non si coglie un nesso causale chiaro ed inequivoco tra l’evento mortale e la mancata effettuazione dei sopralluoghi. Infatti, anche se i sopralluoghi fossero stati portati a termine e le misure prevenzionistiche del compendio Fadini migliorate, non si può assumere che le stesse avrebbero prevenuto l’evento mortale».