ROSSELLA CONTE
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Cronaca

Gioventù fragile e spaesata: "Hanno modelli sbagliati. E non sanno relazionarsi"

Nuovi mezzi di comunicazione e nuovi disagi, sono cambiati i luoghi di incontro. Bertoletti: "I social danno forza al branco e alimentano situazioni di rischio".

Sempre più aggressioni da parte del giovane branco ai danni dei loro coetanei (foto di repertorio)

Sempre più aggressioni da parte del giovane branco ai danni dei loro coetanei (foto di repertorio)

di Rossella Conte

FIRENZE

Negli anni ’90 si ritrovavano in piazza, oggi si danno appuntamento su Instagram. Una differenza solo all’apparenza banale, che in realtà racconta molto dei cambiamenti vissuti dagli adolescenti e dei nuovi disagi. A spiegarlo è Stefano Bertoletti, responsabile del settore prevenzione e riduzione del danno della cooperativa CAT, che con le sue unità di strada lavora a contatto con i giovani, tra scuole, piazze e locali notturni.

Bertoletti, partiamo da qui: cosa è cambiato nei giovani?

"Non sono più aggressivi, come spesso si tende a pensare, ma più esposti a situazioni e modelli che possono facilitare comportamenti aggressivi. Sono più fragili, si controllano meno, fanno più fatica a gestire le relazioni. Questo anche perché i luoghi di incontro non sono più solo fisici, ma soprattutto virtuali".

I social hanno cambiato anche le dinamiche di gruppo?

"Tantissimo. Gli strumenti digitali possono dare forza al branco e alimentare situazioni di rischio. Ci è capitato di essere presenti in strada durante episodi di aggressività che potevano sgonfiarsi, ma l’arrivo di un passante con il cellulare pronto a riprendere ha fatto esplodere la tensione. Oggi tutto finisce sui social e questo, soprattutto nei gruppi, accende meccanismi nuovi".

A Firenze come si muovono oggi i ragazzi?

"Non esistono più punti fissi. I gruppi si spostano da un quartiere all’altro. Nelle periferie, come nel Quartiere 4, è più facile trovarli perché hanno più spazi a disposizione. In centro, soprattutto negli ultimi due anni, abbiamo visto una contrazione: meno presenze fisse nelle piazze, più movimento. Noi lavoriamo in tutti i quartieri di Firenze, con unità di strada che cercano di intercettare i ragazzi, mappare i loro luoghi di ritrovo e creare relazioni, dentro e fuori dalle scuole".

Quanti ragazzi incontrate ogni anno?

"Tra Firenze e l’area nord-ovest (Sesto, Campi, Calenzano, Scandicci) circa 3000-3500. Ma la difficoltà più grande è entrare in contatto con loro: sono molto più diffidenti di un tempo. Noi gestiamo anche il Centro Java, aperto la notte del venerdì e del sabato, dove i ragazzi possono fermarsi a mangiare qualcosa prima di tornare a casa dopo una serata nei locali. È una zona di decompressione, uno spazio sicuro e informale".

Quali sono le principali criticità?

"La socialità è cambiata, soprattutto dopo il Covid. I giovani fanno più fatica a relazionarsi, hanno più ansia nella gestione dei rapporti e questa difficoltà si può tradurre in aggressività. Ma dall’altra parte vediamo anche ragazzi molto più consapevoli e interessati ai temi del benessere e della prevenzione. Il problema non sono i giovani ma i modelli e la velocità con cui si diffondono. I genitori non sono assenti, ma disorientati di fronte a nuovi codici e nuove dinamiche difficili da interpretare".

Anche il consumo di alcol è cambiato?

"Sì, i giovani bevono in maniera diversa: in tempi rapidi, prima di entrare nei locali o in discoteca. Altro segnale di un approccio più fragile, meno consapevole al divertimento. Noi cerchiamo di esserci senza giudicare, costruendo relazioni di fiducia".