Una preghiera che deve tradursi in atti concreti di solidarietà e di speranza nei confronti delle persone che hanno perso il lavoro e vivono nella sofferenza, per aiutare a risolvere l’emergenza abitativa per le tante famiglie che non hanno una casa e un luogo dove stare: "Questo deve interrogarci tutti" è il pensiero dell’arcivescovo Gherardo Gambelli che ieri pomeriggio ha aperto il Giubileo 2025 nella diocesi di Firenze. La partecipazione una volta tanto è stata quella delle grandi occasioni, sia alla processione dalla Santissima Annunziata al Duomo passando da piazza San Marco e via Cavour, fino alla Messa in Cattedrale concelebrata da oltre un centinaio di sacerdoti. Difficile dare numeri esatti, ma si possono stimare oltre 4.000 presenze, forse di più, in un Duomo gremito come non si vedeva dalla festa di San Giovanni, primo giorno dell’arcivescovo Gherardo con il suo popolo.
Il Giubileo nella tradizione ebraica è il momento in cui venivano condonati i debiti, ricordando che la terra appartiene al Signore e proprio vivendo questa nostra identità possiamo impegnarci per una società più giusta e solidale "e anche più sicura", sempre a giudizio di monsignor Gambelli, concetto ribadito più volte in questo tempo di Natale. L’Anno Santo, quindi, come un nuovo inizio nel segno della gioia e dell’entusiasmo, percepito già dal canto dei cori delle parrocchie riuniti per l’occasione in Cattedrale. I cantori avranno avuto anche minori capacità tecniche rispetto alla Cappella musicale di Santa Maria del Fiore, ma hanno animato la liturgia in maniera molto efficace. Nella successiva omelia, Gambelli ha sottolineato tre verbi: rimanere, cercare, custodire. "Siamo pellegrini di speranza, chiamati particolarmente in questo anno di grazia, a metterci in ascolto con rinnovata attenzione della Sacra Scrittura che illumina le nostre esistenze e ci fa scorgere sempre meglio la presenza del Signore che cammina con noi e in mezzo a noi. - ha detto - L’anno giubilare è un tempo di grazia per combattere la tentazione pelagiana di chi pensa di potersi salvare da solo con le proprie forze".
A proposito dell’atteggiamento della Madonna, illustrato dal testo evangelico, ha proseguito l’arcivescovo "notiamo che Maria ha capito la lezione e dopo aver cercato per tre giorni angosciata suo figlio dodicenne, non va a cercarlo al sepolcro dopo la sua morte perché adesso sa che è nelle cose del Padre. Notiamo in questa evoluzione dell’atteggiamento di Maria la crescita di una virtù di cui c’è molto bisogno per una sana convivenza, vale a dire la capacità di accogliere il mistero rappresentato da ogni persona. Nella famiglia ogni membro è per l’altro segno e strumento dell’amore di Dio, ma perché esso si manifesti bisogna imparare a fermarsi sulla soglia e lasciare che l’altro, l’altra possa esprimere il suo dono, come e quando vuole".
Monsignor Gambelli ha quindi lanciato un invito alla preghiera, citando l’apertura dell’anno pastorale diocesano: "A settembre, alla fine della Messa, ognuno ha ricevuto un rosario proveniente dalla Terra Santa. Sarebbe bello se in questo anno giubilare noi riscoprissimo il valore di questa preghiera da fare in famiglia e nelle nostre comunità. Nell’arte, spesso, la corona del rosario viene presentata come una catena che tiene unite le persone e con la quale prendiamo coscienza di quella fune attaccata all’ancora di salvezza che è già penetrata nel cielo con la morte e la risurrezione di Gesù. Ad essa possiamo aggrapparci nelle tempeste della vita".