MARCO
Cronaca

Giulio si lascia la Turchia alle spalle. Verso la Grecia, e poi la traversata

Il viaggio prosegue all’indietro, con la solitudine che cresce, come anche la speranza di rivedere Sonia

Il viaggio prosegue all’indietro, con la solitudine che cresce, come anche la speranza di rivedere Sonia

Il viaggio prosegue all’indietro, con la solitudine che cresce, come anche la speranza di rivedere Sonia

Vichi

Sono sfinito, strascico i piedi come un forzato.

Controllo se ho ancora il biglietto del treno. Lo trovo e leggo: "Istanbul-Patrasso".

Guardo i tabelloni e riesco a individuare un treno. Parte fra due ore, ma se dio vuole è già sul binario. Salgo sul primo vagone, c’è poca gente, e dopo un po’ trovo uno scomparto vuoto.

Tiro le tende e mi sdraio sul sedile. La stanchezza aumenta di colpo, sono due giorni che non dormo.

"Potevo almeno comprare una bottiglia d’acqua" penso.

Poco dopo mi addormento. Mi sveglio perché qualcuno mi sta scuotendo una spalla, e sento arrivarmi in faccia zaffate di ouzo.

Apro gli occhi e vedo una faccia grassa e un cappello da militare.

È un controllore, mi indica qualcosa. Ai suoi piedi c’è il mio portafogli aperto. Quello che c’era dentro è sparso in giro, per terra e sui sedili.

Mi tiro su, sento scricchiolare le

ossa, ma a parte questo sto molto meglio. Ringrazio il controllore e mi metto a esaminare le mie cose.

Sonia c’è, la raccolgo da terra e la rimetto a posto. Raccatto tutto il resto, e vedo che non manca nulla.

Soldi non ce n’erano, in fondo mi è andata bene. L’unico fastidio è che mi sento sporco, ma che posso farci, mi laverò in Italia.

Sono già le tre di pomeriggio. Si scoppia di caldo. Chiedo al controllore dove siamo, lui dice in inglese che manca poco a Patrasso.

Ho dormito tutto il tempo, non potevo chiedere di meglio. Un’ora dopo scendo dal treno e chiedo indicazioni per andare al porto.

Dopo una camminata sotto il sole ci arrivo, faccio vedere il biglietto a una tipa in divisa e lei mi dice che la mia nave sta per salpare.

"Sonia..." penso.

Faccio una corsa fino alla dogana, mi presento a un uomo in uniforme che ha un sacco di baffi.

"Italiano?" mi chiede, così per dire qualcosa, mentre controlla il passaporto.

"Italiano, sì"

"Nulla da dichiarare?"

"Sono stanco e sporco" dichiaro.

"Italiani tutti spiritosi, eh?" dice lui, e fa una smorfia.

Io non rispondo.

"Vada" aggiunge il tipo, e fa calare il timbro sul passaporto con un colpo secco.

Corro alla nave, arrivo che i motori sono già accesi. Appena salgo vado dritto al bar. Mi frugo bene in tutte le tasche e scopro che ho ancora qualche soldo, seimilatrecento lire.

Compro una scatola di biscotti e due bottiglie d’acqua. Una la bevo subito, tutta.

Sto meglio. La gente cammina qua e là senza sapere cosa fare. Mi affaccio sul mare a prua, tira un vento fresco. Guardo un po’ la riga dell’orizzonte, poi vado a sedermi su una poltroncina, al coperto.

Due posti più in là una vecchia imponente dorme con la bocca aperta. Il rumore dei motori ronza monotono nelle orecchie, e dopo un po’ mi addormento.

Mi sveglio e vedo che è ancora notte. Intorno a me dormono tutti, alcuni in posizioni strane, altri sdraiati in terra.

Esco sul ponte deserto e cerco di togliermi la stanchezza dal viso passandoci sopra le mani.

Mi appoggio al parapetto, il vento sulla faccia mi fa bene. Dopo un po’ vedo il sole che spunta sul mare, e cerco di non pensare a Sonia.

So che è banale, ma mi sento solo, molto solo.

La luce dell’alba mi sembra tristissima.

Resto lì qualche minuto.

(6 - continua)