di Pietro Mecarozzi e Pier Francesco Nesti
C’è chi piange. Chi stringe forte la persona che ha accanto. Chi invece muove i pugni in aria in segno di resistenza. C’è fame di giustizia e di conoscere i nomi dei colpevoli. A chiederlo sono la famiglia, gli amici, la comunità di Campi Bisenzio. Ancora profondamente scossa. Tutti insieme, a una settimana esatta dall’efferato omicidio del diciassettenne di Certaldo, Maati Moubakir, ieri hanno voluto ricordare il ragazzo con un minuto di silenzio e deponendo un mazzo di fiori. Proprio nel punto dove è stato accoltellato a morte, circondati da almeno 150 persone, molte delle quali con una fotografia della vittima fra le mani e la scritta ‘Giustizia per Maati’.
Lacrime e rabbia. Comprensibile. E un dolore che si ‘respirava’, un dolore generato da una tragedia che ha travolto i familiari, il babbo, la mamma e i fratelli di Maati, ma della quale anche Campi porterà sempre i segni sulla propria pelle. Segni che restano evidenti,e non potrebbe essere diversamente, nei genitori, la madre, Silvia Baragatti, e il padre Farid. "Mio figlio – ha detto la mamma - è stato ucciso brutalmente, con crudeltà. Ho l’impressione che i suoi assassini neanche si rendevano conto di quello che stavano facendo. Ma dopo che le forze dell’ordine avranno fatto il loro lavoro, e sono sicura che lo faranno, dovrà esserci una risposta da parte dello Stato, ovvero che qui non passi più il messaggio che siamo un paese dove si può fare tutto e dove non si punisce niente".
E ancora: "Sicuramente c’è chi ha visto e c’è chi non lo ha soccorso, questo ce lo diranno le indagini. Mettiamoci tutti una mano sulla coscienza perché questo è il fallimento della società, è il fallimento dell’umanità, neanche gli animali vengono lasciati morire così". E, provando a guardare avanti, "Maati non sarà dimenticato, la missione della mia vita da ora in poi sarà quella di dare giustizia a mio figlio. Per lui abbiamo finito le lacrime, adesso vogliamo un segnale forte".
Ancora più duro il babbo: "Un delitto del genere succede solo nella giungla: un branco contro un ragazzo da solo. Chiedo giustizia per mio figlio e il massimo della pena per tutti quanti, chiunque essi siano. In questo momento non posso pensare al perdono" A parlare anche il sindaco di Campi, Andrea Tagliaferri: "La nostra comunità, insieme a quella di Certaldo, si è raccolta per ricordare Maati, stringendosi con profonda solidarietà al dolore straziante della sua famiglia".
Intanto, proseguono senza sosta (e nel massimo riserbo) le indagini della procura di Firenze. I carabinieri, coordinati dal pm Antonio Natale, stanno passando al setaccio le videocamere della zona e quelle presenti sul bus. Le scene immortale mostrano gli aggressori prima e dopo l’omicidio: sono incappucciati e con un abbigliamento molto simile l’uno all’altro, complicando non poco il lavoro di identificazione degli inquirenti. Chi ha visto il branco allontanarsi dalla scena del crimine è stata anche una testimone molto vicina alla famiglia di Maati, che poco prima di attaccare al lavoro, verso le 5.20 di domenica mattina, dal balcone di casa, poco distante dal punto dove il ragazzo è stato ucciso, avrebbe notato un gruppo di sette/otto ragazzi fuggire a corsa con in mano spranghe di ferro e legno.
Cosa può aver provocato una ferocia simile? La pista più caldeggiata è quella della banale lite, iniziata dentro e finita, nel peggiore dei modi, fuori dal locale. Inoltre, secondo quanto trapela, in discoteca i due gruppi, quello di Maati e quello dei suoi aggressori, avrebbero avuto un primo contatto, ma la discussione sarebbe stata sedata sul nascere dai buttafuori. Serve tempo. Sono ore decisive.