di Barbara Berti
"Da questa crisi può nascere un’impresa che opera nell’area della mobilità sostenibile e nell’Industria 4.0. Ma serve l’intervento del governo". Così Giovanni Dosi, professore ordinario di Economia e Direttore dell’Istituto di Economia presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in merito alla vertenza Gkn di Campi. Il docente fa parte del gruppo di intelligenze solidali – economisti, storici, ingegneri, sociologi – che ha raccolto l’invito del Collettivo di Fabbrica a ricostruire lo stato dell’arte del sito produttivo ed elaborare una strategia concreta per la ripresa produttiva, che sia sostenibile in termini ambientali, che guardi al campo dell’innovazione tecnologica in modo critico e veramente innovativo, che abbia alle fondamenta la garanzia di tutti i posti di lavoro e la tutela del patrimonio di diritti conquistati in questi anni. E proprio oggi, dalle 10, in fabbrica si terrà un’assemblea dal titolo "Verso un piano per il futuro di Gkn": un primo incontro per redigere una bozza di piano di reindustrializzazione del sito.
Professore, cosa pensa di questa vertenza?
"La vicenda Gkn sta riattivando le relazioni tra le parti di un sistema-Paese rimasto congelato al ‘93, dalla stagione della concertazione e della politica dei redditi, in cui il mantra privatizzazione delle imprese pubbliche è stato accoppiato al processo graduale ma feroce di flessibilizzazione del mercato del lavoro e di compressione dei salari".
Gkn non è l’unica azienda in questa situazione...
"No, la pandemia ha causato l’accelerazione di tendenze pregresse, come i processi di delocalizzazione e digitalizzazione delle imprese. I licenziamenti collettivi derivanti da ristrutturazioni e delocalizzazioni sono solo all’inizio: 87 tavoli di crisi aziendale presso il ministero dello Sviluppo economico risultavano in corso nell’agosto 2021 con in gioco circa 100 mila lavoratrici e lavoratori. Ma Gkn è un caso esemplare, come spiego nel saggio de Il Mulino".
In che senso?
"Alla data dei licenziamenti l’azienda appare solida dal punto di vista produttivo. Il fondo Melrose ha deciso di andarsene per una scelta finanziaria miope. Quando si decide di chiudere un’impresa sana si danneggiano i lavoratori, le loro famiglie, il territorio circostante e si distruggono capacità organizzative e tecnologiche".
Un patrimonio in fumo?
"Esattamente. Gkn è un’impresa molto fungibile. Sono presenti macchinari e competenze in grado di spaziare su produzioni diverse. In fabbrica vengono prodotte celle automatizzate ma anche prototipi di Industria 4.0. Fino a ora venivano prodotti semiassi quindi si può pensare a progetti per l’auto elettrica".
Secondo lei, su quali basi si deve elaborare il nuovo piano industriale?
"Credo sia possibile la trasformazione dello stabilimento in un vero luogo di innovazione produttiva e sociale, capace di rispondere alle sfide che la transizione ecologica e sociale ci pone davanti. Serve, però, l’appoggio dello Stato che deve farsi garante in questo passaggio".