Gli anziani nella Città del Fiore: "Avanti con la controffensiva dell'amore. Ecco come"

Storie e proposte vissute, ripensando la propria vita, in un convegno a più voci. E' 'La forza degli anni'

'La forza degli anni' nella Basilica di San Lorenzo (foto di E. Vergari)

'La forza degli anni' nella Basilica di San Lorenzo (foto di E. Vergari)

Firenze, 13 ottobre 2024 – Sarà “la controffensiva dell'amore” a salvare l'umanità delle nostre città e il mondo stesso; sarà questo l'antivirus all'illusione che le bombe, o le onde, distinguano innocenti e colpevoli, bambini e adulti, che l'ambiente è in fondo un problemi degli altri finché non te lo trovi dentro casa, all'idea che non si avrà mai bisogno di nulla e invece... La “controffensiva dell'amore” non è una frase messa lì, un'espressione bella in sé, ma è qualcosa che si vive, che si fa, che dà senso. Mauro Terreni è un livornese che ha fatto le barricate "per far guadagnare qualche lira in più agli operai della Spica, un fabbrica". 50 anni nel Psi, responsabile nazionale per anni della Cgil Tesoro. Gli chiedi: come superare le divisioni sociali? E lui risponde: "Con la controffensiva dell'amore. Il nostro imperativo è: 'Eccomi'. Sono disponibile a stare con te, a incontrarti, a parlare, a farti visita". La sua voce si unisce a quella di tanti anziani che hanno animato a Firenze 'La forza degli anni', su iniziativa della Comunità di Sant'Egidio in collaborazione con l'Arcidiocesi, nella basilica di San Lorenzo: non un convegno sugli anziani, ma anziani che parlano alla città, pensionati che hanno ripensato la loro vita: chi va in Congo ogni anno ad aiutare una missione; chi tiene un deposito di vestiti per i barboni; chi custodisce la memoria della città raccogliendo testimonianze. Chi come Mauro, per l'appunto, è stato travolto dallo "tsunami" dell'incontro con i bambini delle scuola della pace nella sua città. Poi, nel quartiere di Corea, con altri amici il lunedì prepara pacchi e aiuti da portare nei quartieri limitrofi. A questi anziani, portare Gesù in cronaca interessa molto. "La morte di Gesù crocifisso ha dato vita ad un evento che rivoluzionava il paradigma che fino a quel momento l'umanità viveva. Un uomo muore per un altro perché questo si salvi". L'umanità è “sulle soglie della guerra atomica perché ha perso questo senso”.

La “controffensiva” dell'amore è rimettersi in gioco e in campo, "non arrendersi di fronte al tempo che passa”, spiega Marina Ferletti, che con altre persone prepara pacchi alimentari e distribuisce la cena ai senza fissa dimora nei quartieri di Ponte di Mezzo e Novoli. “Avevo solo tre anni – ricorda - quando con mia mamma sono scappata tra i palazzi a Trieste in mezzo ai bombardamenti. Oggi vedo quanto subiscono tanti bambini nelle guerre e i segni che porteranno nelle loro vite. Io per anni non riuscivo a camminare all'aperto perché avevo paura che i palazzi mi cadessero addosso. Nelle guerre, anche chi risulta vincitore ha perso".

Gli anziani sono capaci di grandezza e di bellezza. Don Marco Viola, priore della basilica di San Lorenzo, si guarda intorno nella sua chiesa e pensa a Donatello, “che finito il suo lavoro viene qui, a più di 80 anni, a realizzare due pulpiti: in uno Cristo, affaticato, esce dal sepolcro". Donatello ha consegnato in vecchiaia questi capolavori anche per dire agli anziani di non vivere da sepolti vivi. Ed eccola “la controffensiva” di cui parla Mauro anche in Teresa Bruno, 77 anni, originaria di Matera, che anima un servizio di distribuzione di vestiti nel centro di Firenze. Racconta del padre tornato dalla guerra, che vedeva ovunque possibili tradimenti. "La violenza non finisce con la guerra". Ma c'è un altro modo per continuare i conflitti. La guerra contro gli immigrati ad esempio. Teresa ricorda i senegalesi uccisi in piazza Dalmazia e a Idy Diene sul ponte Vespucci della Città del Fiore, per sottolineare come la pace sia “preparata dalla protezione e dell'accoglienza dei deboli". "Ci domandiamo mai se abbiamo ferito gli altri? - chiede Teresa – Questa domanda è un modo per vivere come persone pacifiche, mentre non fare niente, non chiedersi niente, è rendersi complici”. Allora vigilare come anziani “perché la violenza non prevalga, come accade quando accade che amici non si parlano più e familiari si ignorano".

Besnik Sopoti, artista italo-albanese che da molti anni vive a Modugno, in provincia di Bari, è nato in Italia da madre italiana e padre albanese. In seguito alle leggi razziali è stato costretto a trasferirsi in Albania dove è rimasto fino agli anni ‘90 e dove ha subito a lungo la condizione di intellettuale proibito. Dopo una battaglia di molti anni, nel 2017 è riuscito a riottenere la cittadinanza italiana. "Con l'informazione comincia la nostra formazione", dice. La voce degli anziani può risuonare nel presente, anche come espressione di un passato che parla e vive principi buoni. Nessuno vuol essere forestiero del mondo. Chi lo sa, non può accettare di vedere donne maltrattate e giovani morire. Ci sono "programmi", secondo Sopoti, preparati con cura “per trasformare gli altri in soldatini di piombo. Ogni dittatura esprime di fatto un'estetica volgare” e ricordando quanto vissuto in 'Albania, ricorda un ex stagnino con solo quattro classi elementari diventato presidente di un tribunale che condannava a morte patrioti, scrittori e filosofi. Lavorare ancora, sognare, chiamare a fare festa sono linee su cui muoversi anche da vecchi. Anche per questo Sopoti ha proposto a Firenze di istituire un "giorno della vita", vita che è sempre importante, vita che è relazione. A questo riguardo suor Giovanna Sgarra, francescana dell'Immacolata, ha raccontato di una signora malata di Alzheimer e ha riportato brani di una lettera del marito di lei: "Qualcuno mi dice che sono stato forte a restare, a impuntarmi a non lasciarla in istituto. Mi sento ferito da queste parole. Che cosa significa amare qualcuno, se non amarlo proprio quando non conviene? Rifarei tutto. La sposerei di nuovo".

Queste storie sono alternative ad altre scelte intergenerazionali. Vanna Bernini, di Firenze, rilegge il meccanismo ossessivo della ricchezza, un ingranaggio malefico e ossessivo: "Penso al gioco d'azzardo e a quanto sia illusoria e distruttiva la ricerca del vincere a ogni costo. Ho visto con i miei occhi quanto male può arrecare la ricerca ossessiva della vincita alle persone care ma anche alla vita di chi ne è preda". Natale Dimauro, è invece un romano che ha lavorato una vita nel settore degli impianti di condizionamento. Ora ha 86 anni. Alcuni anni fa ha cominciato a sentire il bisogno di “restituire qualcosa”. Ha cominciato a telefonare agli anziani soli del suo quartiere, stringendo legami con loro e aiutandoli a restare nella propria casa fino alla fine: “Con l'idea del prendere o lasciare ci lasciamo andare a malinconie e tristezze. Ma l'incontro con gli altri, l'aiuto agli altri, ci fa riscoprire la felicità”. E' felice di quello che vive e si commuove Daniela Mariotti, che vive a Rufina. Ci scherza anche su, ricordando il ritornello di una canzone: "Eravamo 4 amiche al bar che volevano cambiare il mondo... e nel 2007 con le suore benedettine di Firenze ho portato i miei passi nella Repubblica democratica del Congo e precisamente nel Kasay, realizzando progetti a favore degli ultimi, dei dimenticati, nella profonda savana tra i pigmei, nei vari villaggi che ogni visitiamo portando aiuti alle mamme che con tanta fatica lavorano la terra, ai bambini che ogni anno calziamo, vestiamo, aiutiamo nella ripresa della scuola in un Paese dove non viene contemplato nemmeno il diritto allo studio" Grazie all'azione di Daniela e dei suoi amici sono stati costruiti due pozzi, tre scuole, sostenuti bambini a distanza per lo studio, alimentazione e cure, ospedali (due padiglioni l'ultimo dei quali inaugurato quest'anno durante il nostro soggioeno) con maternità, reparto neonatale, medicina generale. Questi sono anziani che colgono l'appuntamento con la Storia, che porta nelle nostre strade e nei nostri mari tanti migranti. Vito Fiorino aveva un'azienda a Milano. Ha deciso di andare a Lampedusa, nello sconcerto di parenti e amici, e ha chiuso la ditta dopo che i dipendenti avevano trovato un'altra sistemazione. Lui nell'isola ha messo a posto una barca. Ci andava a pescare, con gli amici. Una notte in mare ha sentito suoni da lontano e credeva fossero gabbiani. Invece, avvicinandosi alla fonte di quelli che sembravano sempre più lamenti, si è accorto erano naufraghi che gridavano. Lui e gli amici hanno chiamato i soccorsi e nel frattempo hanno cercato di imbarcare quanti potevano tra mille difficoltà. Morirono 368 persone. Vito e i suoi amici hanno salvato quella notte 47 persone.

Vito, Mauro, suor Giovanna, Daniela, Marina e tutti gli altri hanno riaperto una finestra per essere di nuovo utili e ritrovare l'aria che fa respirare, per usare un'immagine di Vanda Valencetti che da 40 anni è impegnata nella Misericordia di Rifredi. Ora prepara e porta la cena ai senza fissa dimora con amici di Sant'Egidio: "Ho scoperto la bellezza di non fare le cose da soli". Ecco come si fa la controffensiva dell'amore, anche in mezzo alle tempeste.