Lo sfratto. Un lungo e faticoso braccio di ferro fra proprietari e inquilini, reso ancora più complicato da casi particolari che aggirano il provvedimento. Avvocato Roberto Visciola, qual è la situazione? "La questione mette in evidenza una dicotomia tra proprietario e inquilino, nonché la complessità per il legislatore di garantire la tutela di entrambi. L’attuale tendenza verso il mercato degli affitti brevi è conseguenza di un regime giuridico percepito dai proprietari come sbilanciato a tutela degli inquilini".
È così difficile eseguire uno sfratto? "Sulla carta è semplice: a fronte di una morosità, il proprietario deve intimare il pagamento e procedere in sede giudiziaria per la convalida di sfratto in caso di persistenza della morosità. Per questa fase sono sufficienti pochi mesi".
E se l’inquilino non va via? "Il proprietario deve attivarsi per dare esecuzione allo sfratto, con intervento dell’ufficiale giudiziario e, se necessario, della forza pubblica. I tempi in questo caso non sono prevedibili, si va da qualche mese a qualche anno, a seconda della complessità del caso e della disponibilità della forza pubblica. Qui sta il vero problema".
Ovvero? "Certi interessi dell’inquilino possono prevalere sull’interesse del proprietario di rientrare in possesso dell’immobile. Può accadere che, pur in presenza della forza pubblica, non si riesca a liberare l’immobile".
Quali sono i casi? "Ad esempio in presenza di anziani, persone con disabilità o minori, che possono ritardare l’esecuzione dello sfratto per esigenze di maggiore cautela per i soggetti deboli. Altro problema e se l’inquilino lascia l’immobile, ma rimangono beni di sua proprietà nell’appartamento: anche in questo caso il proprietario non può rientrare in casa, ma deve concedere all’inquilino il tempo per recuperare i beni personali".
Ci sono soluzioni? "L’ideale sarebbe poter garantire, da un lato, tempi più brevi e certi per l’esecuzione di uno sfratto e, dall’altro, strutture sociali di maggior tutela per i soggetti deboli".
Teresa Scarcella