Gulino: "Pochi psicologi. Serve un rinnovamento"

Parla la presidente dell’Ordine. E la psichiatra Brandi: "Carcere grande Rems"

Gulino: "Pochi psicologi. Serve un rinnovamento"

Gulino: "Pochi psicologi. Serve un rinnovamento"

"Troppi pochi gli

psicologi che lavorano in carcere, non possono bastare, poche sono le ore destinate e spesso gli interventi sono puramente sanitari, non di gruppo, meno ancora di comunità". A dirlo è Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli

Psicologi della Toscana, commentando i fatti di Sollicciano. "Dal disastroso sovraffollamento alla mancanza di personale educativo, dalla scarsità di progetti al suo interno alla scarsa presenza di contatti con l’esterno, il problema delle carceri è molto complesso - continua Gulino -. È necessario un grande rinnovamento strutturale, e un tema centrale da affrontare è quello dell’isolamento che molti detenuti vivono". "I suicidi in carcere spesso vengono trattati come drammatici casi isolati da considerare come questioni solo individuali e spesso approfonditi solo dal punto di vista psicopatologico - continua Gulino - ma il problema delle carceri è sistemico, riguarda l’istituzione e tutte le sue componenti. Infatti il tasso di suicidi riguarda spesso il primo o l’ultimo periodo di detenzione, ed è l’esito di un funzionamento dell’istituzione carceraria che va rivisto in maniera contestuale e sistemica, implementando per esempio le reti relazionali sia con i professionisti del settore che con gli affetti personali e familiari’".

" Nell’istituto fiorentino, oggi ampiamente sfollato a causa della condizione fatiscente delle sue mura, sono ospitati italiani e stranieri - commenta Gemma Brandi, psichiatra, esperta di Salute Mentale applicata al Diritto -. Questi ultimi in misura del 63%. Trai primi e anche tra i secondi l’incidenza di problemi psicopatologici gravi è elevatissima, trasformando il luogo in “una grande Rems”. Non è più tempo di tacere o scrollarsi di dosso le necessità di azioni meditate e urgenti da dare al luogo. Meraviglia che nessuno, ad esempio, si alzi per reclamare una ineludibile convergenza tra la responsabilità sanitaria e quella securitaria. Continuare a dividere responsabilità e azioni che dovrebbero essere congiunte, porterà soltanto a un ulteriore tracollo. Se si pensa di chiudere il carcere di Firenze, meglio farlo subito, prima che la tragedia di troppi esploda con ancor più fragore. Se si pensa di tenerlo aperto, serve una grande azione interistituzionale convergente. Non ne vedo le premesse ad oggi. Con tutto il rispetto per i facili e occasionali progetti di intrattenimento, questi potrebbero diventare addirittura controproducenti in mancanza di una visione chiara e di ampio respiro".