
Caterina Guzzanti e Federico Vigorito al Puccini il 6 marzo, l’appuntamento è per le 21 con uno spettacolo interamente scritto da lei
di Lorenzo Ottanelli
FIRENZE
"È uno spettacolo diverso da quello che spesso i comici portano in scena. Per alcuni è spiazzante, soprattutto per chi ha visto solo il nome". Caterina Guzzanti presenta così ‘Secondo lei’, la pièce che ha scritto, che la vede per la prima volta alla regia e che interpreta insieme a Federico Vigorito. L’appuntamento è per giovedì alle 21 al Teatro Puccini. In scena porta un problema di lui che diventa un problema di coppia.
Perché questa scelta?
"Volevo raccontare una storia universale. È uno spettacolo che parla della difficoltà di comunicare, di coppie che si reggono sulla promessa e stanno insieme più per sopravvivenza che per amore. Una persona, infatti, dovrebbe essere appagata da sola e l’altro dovrebbe rappresentare un’aggiunta. Siamo stati cresciuti con l’idea che la famiglia è sofferenza, che bisogna sopportare, ma non è così. Il pubblico, poi, si riconosce nelle dinamiche e ride, piange e sobbalza. Infine, il problema di cui tratto, l’impotenza, è un grosso tabù che il maschio vede come una messa in discussione di sé".
Il tutto raccontato dal punto di vista di lei.
"Lo spettacolo si intitola ‘Secondo lei’ perché parlo di quello che vive una donna di fronte al silenzio degli uomini. E quindi il lui dello spettacolo si trova talvolta a parlare tramite le ipotesi di lei".
Perché è sempre così difficile la comunicazione in una coppia?
"Perché ci sentiamo spaventati e vulnerabili di fronte all’altro. Spesso gli uomini si sentono in dovere di presentarsi affidabili nel dire "ci penso io", ma poi lasciano le cose a metà e tocca alle donne reagire di fronte all’inadempienza di lui, anche nelle cose più banali. Problemi che possono essere dolorosi all’interno ma che sono molto tragicomici all’esterno".
A cosa si è ispirata per scrivere lo spettacolo?
"A mille esperienze, alcune personali, alcune di amiche. Spesso hanno detto a noi ragazze degli anni Novanta che sarebbe stato meglio fare finta di niente se fossimo incappate in difficoltà con il nostro compagno. Non credo sia un giusto atteggiamento".
È vero che lo ha scritto in tre notti?
"Non proprio (ride, ndr). Ho raggruppato tante idee per un anno, tanti vocali, tanti appunti nel computer, in tante cartelle sbagliate. Diciamo che in tre notti a distanza di mesi ho buttato giù e riletto chiedendomi se avesse senso, fino a quando sentivo gli uccellini cantare. Il lavoro più difficile è stato sbrogliarlo per capire come farlo stare sul palco…".
Un approdo alla regia e un bell’upgrade per Arianna, l’aiuto-regista di René Ferretti in Boris.
"Non ci giurerei che Arianna voglia fare la regista (ride di nuovo, ndr). Ma sì, è molto bello. Sono anche 25 anni che scrivo per la tv e in quei contesti già ti immagini come dovrebbe essere la scena. Sono stata un po’ aiutata in questo".
Ha nostalgia per i personaggi che ha interpretato in passato?
"Adesso no, ho questo progetto e sono contentissima. Lavorare con i programmi in tv è anche stressanteR, devi trovare sempre qualcosa di nuovo. È una specie di juke-box in formato industriale".