REDAZIONE FIRENZE

"Hugo Boss delocalizza, scelta speculativa"

Dopo l’annuncio di chiusura della sede con 22 licenziamenti, la rabbia davanti allo stabilimento. I sindacati accusano: "Motivi inaccettabili"

Chiude Hugo Boss a Scandicci, licenziamento per 22 lavoratori. Ieri il presidio dei lavoratori davanti ai cancelli dell’azienda. La griffe a Scandicci ha il suo centro di stile, ma per scelte aziendali si è deciso di chiudere tutto e spostare il settore creativo in Cina e in Portogallo dove c’è la produzione rispettivamente di accessori in pelle e di calzature. Oltre ai lavoratori e ai sindacati Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil al presidio erano presenti il Sindaco Sandro Fallani, l’assessore allo Sviluppo economico Andrea Franceschi e rappresentanti del Consiglio Comunale. Se sulla chiusura del negozio che la griffe ha in piazza della Repubblica si erano rincorse più voci, l’addio dell’insediamento produttivo nel distretto delle griffe è stato messo nero su bianco con una procedura di licenziamento per i lavoratori. "Riteniamo profondamente sbagliata – hanno detto i sindacati – la scelta operata dall’azienda di dequalificare il proprio prodotto e spostare all’estero gli sviluppi delle collezioni e dei campionari, oltre che le produzioni. Per giustificare la scelta, l’azienda ha comunicato che le tendenze dei mercati e dei gusti dei consumatori non "sarebbero" più interessati al Made in Italy. Questa affermazione è falsa, grave e inaccettabile, e nasconde solo un’operazione speculativa".

"La scelta è poco comprensibile – ha detto il sindaco Sandro Fallani – lo è per la situazione che sta vivendo Scandicci che è il primo polo industriale della pelletteria a livello europeo, se non a livello mondiale; c’ è una fortissima richiesta delle aziende a venire nel nostro territorio a produrre, oltre che a fare ricerca e sviluppo. Non capiamo assolutamente come un’azienda che è qui da 15 anni, e che fino ad oggi ha sostenuto il lavoro e i lavoratori, di punto in bianco e in modo incomprensibile vada via da questo territorio che ripetiamo è il centro mondiale della pelletteria e dello sviluppo".

L’eco della griffe che abbandona il distretto della moda per delocalizzare il suo polo creativo è arrivato fino a Roma. "La zona industriale di Scandicci si va impoverendo sempre di più. Le motivazioni dell’azienda al momento non appaiono chiare – ha detto il sottosegretario di stato ai rapporti con il parlamento; Deborah Bergamini - parlare di scarso interesse verso il Made in Italy non sembra plausibile, considerato il successo e l’interesse che riscuotono i prodotti toscani in tutto il mondo. Auspico che venga promosso un tavolo di confronto tra azienda, lavoratori e parti sociali così da raggiungere un accordo e ristabilire la piena operatività della fabbrica". Ma chiaramente c’è apprensione per quello che succederà.

In regione il consigliere del presidente Giani per lavoro e crisi aziendali, Valerio Fabiani ha convocato istituzioni locali e sindacati il 14 febbraio prossimo. Oggi è previsto un incontro in videoconferenza tra azienda e rappresentanti dei lavoratori. Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil saranno in stato di agitazione finché l’azienda non ritirerà la procedura di licenziamento collettivo: "Si è di fronte all’ennesima delocalizzazione operata in danno ai lavoratori col solo fine di massimizzare i profitti. Si tratta del primo grande brand di moda che se ne va da Scandicci, anziché arrivarci. La questione quindi interroga, oltre che il mondo del lavoro, anche quello delle imprese e delle e istituzioni: mentre altri brand investono da noi, questo è uno schiaffo a Scandicci e al polo toscano della pelletteria, quindi chiediamo alla Regione e a Confindustria Moda di aprire subito un tavolo sulla vertenza".

Fabrizio Morviducci