ENRICO
Cronaca

I Dik Dik, una lunga storia italiana: "Il mio sogno era fare l’esploratore"

Pietruccio Montalbetti, leader della band, racconta la carriera. Dagli inizi a Battisti, passando per Mogol

I Dik Dik, una lunga storia italiana: "Il mio sogno era fare l’esploratore"

Pietruccio Montalbetti, leader della band, racconta la carriera. Dagli inizi a Battisti, passando per Mogol

Salvadori

Non è mai stato nella sognata California e neanche nell’isola di Wight. Luoghi mitici, cantati in successi senza tempo che hanno fatto la storia della musica italiana.

Lui è Pietruccio Montalbetti, storico leader con Giancarlo Sbriziolo detto Lallo dei Dik Dik che stanno concludendo l’ennesima estate senza respiro, fatta di concerti e di bagni di folla. In Toscana saranno martedì a Casalguidi, in provincia di Pistoia, e il 14 settembre a San Giovanni Valdarno (Firenze) per i festeggiamenti del Perdono. Non male per uno come Pietruccio che, passati gli ottanta, continua con lo stesso entusiasmo di un tempo e non ha assolutamente intenzione di fermarsi.

Pietruccio, l’avventura continua

"Il mio sogno era fare l’esploratore, non il musicista, ma sull’onda delle band che nascevano a metà anni Sessanta con un gruppo di amici abbiamo messo su quello che una volta si chiamava complessino. E siamo ancora qua. Con Lallo ci conosciamo da bambini: abitavamo in un quartiere di Milano dove sono nati anche il comico Cochi Ponzoni, l’attore e scrittore Moni Ovadia, l’attore Aldo Reggiani. Con Lallo e Pepe Salvaderi componevamo il primo trio. Io sono un tipo poliedrico, ho fatto tanti lavori ma ero un tipo che quando si sentiva costretto si ribellava".

Voi Dik Dik e in particolare Pietruccio Montalbetti siete stati tra i primissimi a conoscere e a credere in Lucio Battisti

"Arrivò per questo provino alla casa discografica Ricordi e tra me e lui nacque subito un grande feeling. Scriveva canzoni differenti a quelle del periodo. All’inizio credevamo che non ce la facesse a centrare il successo. Per dargli una mano abbiamo insistito che facesse il nostro autista al Cantagiro. Era un modo per fargli avere qualche soldo. In realtà Lucio era un genio. Se non ci fosse stato Battisti Mogol sarebbe stato uno dei tanti, mentre Battisti era talmente bravo che sarebbe comunque diventato un grande anche

senza di lui. Mi ricordo questo aneddoto: salutai Lucio in centro una vigilia di Natale e dissi a mia madre che lui avrebbe festeggiato da solo a Milano. Mia mamma volle invitarlo da noi e lui accettò. Quando chiamava casa sua tranquillizzava tutti e diceva che stava come in famiglia e che tutti gli volevamo bene. E’ stata una grande perdita".

In quegli anni furoreggiavano le cover, le rivisitazioni di successi internazionali. E’ stato così anche per il vostro primo pezzo sulla strada del successo

"Ascoltammo California Dreamin dei The Mamas & the Papas e io ci credetti subito. Mogol fece il testo in italiano ma scrisse una cosa che chiunque avrebbe saputo fare".

Alla Ricordi ci arrivaste tramite una raccomandazione

"Sapevo che la casa discografica procurava gli organi da chiesa a tutta la Curia di Milano. Allora tramite don Angelo e mio fratello, ci siamo fatti fare una lettera di presentazione che diceva che eravamo dei buoni parrocchiani".

Pietruccio, che segreto ha una band come la vostra che sfida il tempo e lo fa con canzoni che la gente continua a cantare e apprezzare

"Le nostre a livello musicale sono state grandi generazioni e abbiamo fatto qualcosa di speciale, che resta nel tempo. Al contrario probabilmente di quanto accadrà alle star di adesso. Ma non voglio essere polemico. Vedere le piazze piene, la gente che canta felice, è la spinta per andare avanti. Qui in Toscana ma anche in Umbria e in Liguria sono appuntamenti che ci lasciano sempre un’energìa positiva. In particolare in Toscana non vi rendete conto di abitare in un paradiso: bellissime campagne, splendido mare, cucina e vini meravigliosi. Tutti le volte che torniamo qui lasciamo

un pezzo di cuore".