BARBARA BERTI
Cronaca

I fantasmi della nostra storia: "A teatro un corto circuito emotivo"

Dal 28 novembre alla Pergola l’attore e regista Fabrizio Gifuni dà voce a Moro e Pasolini

I fantasmi della nostra storia: "A teatro un corto circuito emotivo"

"Il teatro non può sostituire i luoghi dove andrebbe studiata la storia, ma può svolgere un ruolo molto importante per accendere una curiosità, un’emozione, un corto circuito emotivo, soprattutto nelle nuove generazioni che possono così approfondire pagine di storia che magari a scuola non avrebbero mai toccato". Parola dell’attore e regista Fabrizio Gifuni che arriva a Firenze con il progetto "I fantasmi della nostra storia" (produzione Associazione culturale Cadmo) per portare sulla scena del Teatro della Pergola "Il male dei ricci" da "Ragazzi di vita" e altre visioni, sintesi e nuova elaborazione drammaturgica di precedenti lavori dedicati a Pier Paolo Pasolini (dal 28 al 30 novembre alle 21, tranne giovedì alle 19) e "Con il vostro irridente silenzio", studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro (dal 1° al 3 dicembre alle 21, domenica alle 16). Inoltre il 29 novembre (ore 18) Gifuni, in collaborazione con La Città dei Lettori, incontrerà il pubblico per raccontare temi e ragioni di un progetto che intende come non soltanto un esercizio di memoria, ma un rito collettivo più che mai necessario a un’intera comunità. L’ingresso è libero con prenotazione online su https:tinyurl.comincontrogifuni.

Restituisce voce a Pier Paolo Pasolini e Aldo Moro, due personaggi molto diversi...

"Sì, sono due figure antitetiche ma in comune hanno molto più di quello che si può pensare. La tragica conclusione delle loro vite matura all’interno di vicende diverse, accomunate però dal medesimo contesto storico: Pasolini e Moro, da postazioni fatalmente contrapposte, vissero con crescente e acuto dolore quello stesso clima, cercando ciascuno di immaginare possibili soluzioni. Pur all’interno di condizioni esistenziali e caratteriali diametralmente opposte, entrambi finirono per sprofondare nel medesimo stato di angoscioso isolamento".

Il tragico epilogo è comune.

"Sì e anche ciò che viene dopo. Entrambi sono diventati corpi che, da quasi mezzo secolo, occupano la scena della nostra storia di ombre. Corpi a cui non è stata data ancora degna sepoltura. Corpi su cui inciampa, storcendosi le caviglie, la società e anche la politica. E allora può accadere che questi fantasmi tornino a interrogarci con le loro parole, scomode e urticanti, che troppi, quando erano in vita, irrisero, volutamente distorsero o non vollero ascoltare".

Il teatro è il luogo ideale per far tornare questi fantasmi?

"Assolutamente sì. Il teatro è quel luogo dove si può vivere un’umanità profonda e attenta alle parole. Il teatro fa scattare un rito laico e pieno di mistero con i ’corpi’ presenti in sala. Gli spettatori, per me ’rappresentanti della città’, non assistono passivamente allo spettacolo ma condividono l’esperienza. E’ questa la potenza del teatro".

Quando è scattato il suo amore per il teatro?

"E’ un amore antico, che risale l’adolescenza. E’ scattato la prima volta che sono salito su un palco: partecipavo a un laboratorio scolastico e interpretavo Mercuzio nel dramma ’Romeo e Giulietta’. Ho provato forti emozioni, qualcosa che si avvicina molto alla felicità".