I giorni della rabbia. Cimici, caldo torrido e quella cella sigillata. Rivolta sedata all’alba

Dopo 24 ore di fuoco, tentativi di evasione e lenzuola in fiamme torna l’ordine. La procura apre un fascicolo sulla morte del ventenne che si è tolto la vita. I detenuti: "Abbiamo dato noi l’allarme, ma non è arrivato nessuno".

I giorni della rabbia. Cimici, caldo torrido e quella cella sigillata. Rivolta sedata all’alba

I giorni della rabbia. Cimici, caldo torrido e quella cella sigillata. Rivolta sedata all’alba

di Stefano Brogioni

FIRENZE

Una notte e un mezzogiorno di fuoco, dopo il suicidio in cella di Fedi Ben Sassi, detenuto di appena 20 anni. La notte più lunga di Sollicciano ha strascichi fino a mezzogiorno, quando un gruppo di antagonisti approfitta della parata di politici e contesta la visita dei politici al penitenziario. Pochi, ma rumorosi: dopo aver di fatto interrotto a modo loro la conferenza stampa fuori dal complesso di via Minervini hanno proseguito la dimostrazione urlando e sbattendo sulla recinzione. La digos prende appunti, ma in questo momento l’attenzione è sulle sezioni dove, giovedì sera, si è consumata una vera e propria rivolta, con tanto di tentativi di evasione da parte di tre ristretti.

La dura contestazione. Materassi in fiamme, vetri in frantumi. Urla. Proteste. Rabbia. Ore e ore di tensione, mentre gli elicotteri della polizia tenevano svegli quel quadrante di città.

L’epicentro del terremoto è la quinta sezione. E’ qui che, gli animi più esagitati, o forse esasperati, hanno dato il via alla rivolta.

Il preambolo. Ma che ci fosse qualcosa di più che del malcontento, era nell’aria. Dallo scorso fine settimana si registravano proteste, riportate anche su queste pagine, per le condizioni ambientali sempre più precarie della struttura. L’acqua, soprattutto in alcune sezioni, non arriva a causa della vecchiaia delle conduttore. Ci sono celle infestate dalle cimici, c’è caldo torrido d’estate e freddo polare d’inverno. Tramite alcuni legali, un gruppo di ristretti dell’ottava sezione avevano consegnato agli avvocati una esposto alla procura.

Il gesto estremo. Giovedì pomeriggio il giovane tunisino, detenuto nel carcere ’dei grandi’ dalla fine dello scorso ottobre, dopo un passato di istituti e comunità per minorenni, si è barricato nella sua cella sciogliendo della plastica nella serratura per impedire al compagno di entrare e si è tolto la vita impiccandosi con le lenzuola.

La miccia della protesta generale sarebbe stata innescata dal fatto che i soccorsi avrebbero tardato ad arrivare, nonostante dalla sezione fosse stato segnalato il gesto del detenuto.

Quando è stato constatato il decesso, è scoppiata l’ira. Da fuori, dalla strada, i passanti sentivano le urla, il rumore del ferro contro il ferro, il fumo, le fiamme, spente dai vigili del fuoco. Ci sono volute ore ed ore per riportare la calma. Tre detenuti sono riusciti a salire sul tetto, nascondendosi alle ricerche, e sarebbero riusciti ad arrivare fino alla porta. Saranno denunciati per tentata evasione.

Intanto, il magistrato di turno, Ornella Galeotti, ha aperto un fascicolo come da prassi e disposto una ricognizione esterna sul cadavere del detenuto suicida, accertamento mirato ad escludere che possa esserci il coinvolgimento di terzi, circostanza per altro già ampiamente esclusa sulla base delle numerose e concordanti testimonianza raccolte.

Ma quella di ieri non è stata una giornata come le altre, dentro e fuori dal penitenziario fiorentino. Visite a singhiozzo di parenti e legali per i provvedimenti adottati in gran parte delle sezioni teatro della rivolta. Intorno alle undici, la sindaca Funaro, accompagnata dai parlamentari Dem Emiliano Fossi e Federico Gianassi e il 5Stelle Andrea Quartini, ha varcato il cancello e ha incontrato la direttrice Antonella Tuoni. Quest’ultima, ha elogiato il personale della polizia penitenziaria, sottolineando "il senso di abnegazione, di appartenenza e responsabilità del personale". Almeno 12 poliziotti penitenziari, denuncia il sindacato Osapp, sono dovuti ricorrere alle cure ospedaliere "a partire da un Agente del Corpo che ha riportato fratture alle costole guaribili in 25 giorni mentre altri hanno mostrato segni di intossicazione da fumo".

Un ringraziamento dai vertici del carcere è stato rivolto poi ai vigili del fuoco e alle forze dell’ordine intervenute all’esterno e che hanno cinturato la struttura.

Polizia presente ancora ieri mattina. Quando la mediatrice Fatima ha iniziato una preghiera in arabo, prima che il garante dei detenuti Eros Cruccolini e il presidente della Camera Penale ricordassero i problemi cronici di Sollicciano.

Ma se le condizioni del carcere erano precarie prima, adesso sono ancora peggiori. Lo tsunami della rivolta ha devastato arredi, si prospettano trasferimenti non soltanto come “punizioni“ ma anche come esigenza logistica.

La protesta che ha seguito il decesso del detenuto un primo risultato, però, l’ha ottenuto: puntare i riflettori sul carcere, quelli che finora, nonostante dati, appelli, denunce e articoli di giornale non si erano mai accesi.