I Modena City Rambles a Liberi Tutti. Le canzoni muovono le coscienze

La band nata nel 1991 ripercorre sul palco di Sesto Fiorentino trent’anni di musica e di impegno civile

I Modena City Rambles a Liberi Tutti. Le canzoni muovono le coscienze

I Modena City Rambles autodefiniscono il loro genere come combat folk

Canti di resistenti per i Modena City Ramblers che, nel trentennale del loro secondo album ’Riportando tutto a casa’, continuano a considerare l’Italia non solo un paese di santi, poeti e navigatori, ma anche di perdenti, disertori, clandestini, armati però del coraggio necessario a resistere ai rovesci della vita.

Ed è proprio questo campionario di varia umanità ’combat-folk’ che Massimo Ghiacci & Co. tornano a raccontare sulla scena, lunedì 2 settembre a Sesto Fiorentino, in piazza Vittorio Veneto, sul palco del ’Liberi Tutti Festival’ (preceduti da Known Physics e Alessandro Liberini), e l’8 settembre a Carrara, in piazza XXVII Aprile, su quello del Festival Con-Vivere.

Ghiacci, il grosso del repertorio di questo spettacolo se lo dividono ’Riportando tutto a casa’ e ’Altomare’, uscito un anno fa.

"Anche se talora abbiamo rallentato un po’ il passo, non ci siamo mai fermati. Anche perché nei trent’anni intercorsi tra ‘Riportando tutto a casa’ e ‘Altomare’ il rapporto live-album s’è praticamente invertito; prima andavi a vedere i concerti perché t’era piaciuto il disco, mentre ora è esattamente il contrario".

Cambia pure il modo d’intendere i dischi?

"Beh, ‘Altomare’ l’abbiamo inciso grazie al ‘crowdfunding’ e il migliaio di sostenitori che ha finanziato il progetto l’ha ricevuto in anteprima".

Le vostre canzoni rimangono intrise d’Irlanda, ma anche di sonorità e tematiche mediterranee.

"Il titolo dell’album di un anno fa rimanda alle acque alte in cui naviga chi è ancora lontano da soluzioni; la nostra società con le sue derive (tanto per rimanere nella metafora) politiche, sociali e valoriali, ad esempio.

Ma rimanda pure a chi il mare lo solca per necessità e per speranza".

Dopo trent’anni dite di avere ancora gli occhi ’pieni d’avventura’ puntati sulle criticità del mondo?

"Come ricordava un tempo Gino Strada, la guerra è uno strumento che non funziona. Eppure, rimane un argomento di grande attualità, non solo in Ucraina o Palestina, ma anche in tante altre parti del mondo meno nell’occhio dei media. Da qui l’urgenza di continuare a vantare canzoni che provino a smuovere le coscienze, come c’è capitato qualche mese fa incidendo ‘Addio paura’ con gli España Circo Este".

’Altomare’ si chiude col flauto di Ian Anderson.

"Il nostro flautista Franco D’Aniello ha avuto modo di conoscere il leader dei Jethro Tull nel 2019 a Parma, in occasione di un concerto alla chiesa di San Vitale. Così, quando ci siamo ritrovati per le mani un brano dalle tinte sudafricane come ‘Per quanto si muore’, abbiamo pensato che sarebbe stato interessante affiancarlo ad umori completamente diversi. Abbiamo scritto ad Anderson senza particolari speranze e, invece, con la semplicità dei grandi ci ha regalato questa parte senza nulla pretendere... solo perché la nostra musica gli era piaciuta".

Andrea Spinelli