Gurrieri
L'appuntamento a cui non si poteva sfuggire era quello del sabato mattina. Suonavo il campanello dell’ingresso di via Maggio, salivo le scale che si aprivano sulla destra entrando, e incontravo la “famiglia dell’Archivio”: Alessandro Bonsanti, la signora Pagani, Albarosa Albertini, la Chiesi, Mauro Fabbri. Scendevamo per Borgo Tegolaio e raggiungevamo il bar del Ricchi in Santo Spirito. In quel breve tratto urbano era possibile “mettersi in pari” con gli ultimi accadimenti in città e sugli inesauribili problemi dell’Archivio appena fondato (1975).
Nata quasi naturalmente questa nuova realtà, per il fatto che per decenni Bonsanti aveva tessuto rapporti con l’intera intellighenzia del nostro Paese, sia dirigendo il Gabinetto Vieusseux (dal 1941) con iniziative culturali ov’erano chiamati gli studiosi più apprezzati, sia con le riviste “Letteratura” e “Antologia Vieusseux”. Normale dunque che avvertisse la necessità di conservare le tracce di Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Carlo Betocchi, Emilio Cecchi, Luigi Dallapiccola, Oreste Macrì e tanti altri.
Così, con rigore etico, prese l’avvio l’Archivio, che ebbe subito crescente bisogno di spazio. E ragionando insieme maturò l’idea di utilizzare il sottotetto di Palazzo Corsini Suarez, che sarebbe diventato la “Sala della Capriata” (poi inaugurata da Giovanni Spadolini). Ma Bonsanti volle immaginare anche un comitato scientifico a garanzia dell’Archivio, invitando Scheiviller, Bo, Caretti, De Robertis e altri.
Morto Bonsanti nell’84, di quel comitato non è rimasta traccia se non in un album fotografico conservato nella sede di Strozzi. Restano invece e crescono i “fondi” (fra gli ultimi il prezioso Fondo Magris) e le attività connesse, promosse dall’attuale presidenza Nencini a testimoniare, a cinquant’anni dalla sua istituzione, quanto sia stata illuminata e illuminante l’intuizione di Alessandro Bonsanti.