di Stefano Brogioni
FIRENZE
Continua la caccia ai reperti perduti. L’ultima speranza per ritrovare la macchina “Nikon“ e le ultime foto scattate dalla coppia francese uccisa dal mostro di Firenze a Scopeti nel settembre del 1985, passa da medicina legale. Proprio così: potrebbe essere passato di lì quel materiale che oggi i familiari di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili richiedono, sia per questioni affettive ma anche per possibili sviluppi nelle indagini.
Nel 2015, il magistrato Paolo Canessa, ancora titolare del fascicolo che in quel momento si stava concentrando sulla figura dell’ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti, ordinò ai carabinieri del Ros di ri-sequestrare la tenda della coppia e materiale in essa contenuto, onde cercare dna riferibile agli autori del duplice omicidio. In quell’occasione, venne compiuto anche un accertamento su uno dei cuscini, da cui spuntò un’ogiva di un proiettile calibro 22 Winchester sparato dalla pistola del mostro che non era andato a segno. Dal quel proiettile, le successive indagini del Racis hanno permesso di stabilire, grazie alle rigature su quel reperto, che l’arma del mostro era senza ombra di dubbio una Beretta, e per di più la stessa degli altri sette delitti avvenuti in precedenza.
Da una tasca di un pantalone appartenuto alla coppia, invece, il genetista Ugo Ricci ha isolato un dna di un soggetto “sconosciuto“: non è dna delle vittime, ma neanche di alcuni dei sospettati “storici“ come Pacciani, Vigilanti, i Vinci, il medico Narducci. Da notare che non è mai stato prelevato - almeno finora - il dna dei compagni di merende - condannati - Giancarlo Lotti e Mario Vanni.
Nel sequestro del 2015 sono finite anche le 17 fotografie che rappresentano gli ultimi giorni in vita della coppia? Non resta che sperare, anche se nel verbale di sommaria descrizione del materiale esaminato a medicina legale non si fa cenno alla Nikon o a pellicole, ma soltanto alla "tenda tipo canadese con parte dei relativi accessori, materassino gonfiabile bicolore rosso e blu, piumino, copripiumino con due federe di colore celeste con due righe rosse delimitanti il perimetro e due cuscini in piuma di tela beige a righe".
Per il destino di questo “pacco“, essendo stato sottoposto a un sequestro successivo al processo Pacciani, la corte d’assise ha passato la palla al gip competente. Per il materiale di sua competenza (dove però non è stato trovato ciò che i familiari cercavano) la Corte d’Assise ha deliberato che i reperti potranno essere restituiti. A cominciare dagli indumenti spuntati “per sbaglio“ nell’apertura dei plichi durante l’udienza al bunker dello scorso 30 gennaio. Si tratta di vestiti femminili (probabilmente appartenuti a Nadine) e del ’catino’ della tenda, evidentemente sfuggito all’analisi genetica del 2015.
Se non verranno ritirati entro trenta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, potrebbe essere ordinata la distruzione. Intanto, l’avvocato Vieri Adriani ha ripresentato una nuova istanza: "La Corte d’assise ordini alla Procura la restituzione alla Corte di assise stessa di quanto ancora nella disponibilità della medesima riguardo il delitto della coppia francese e la successiva messa a disposizione degli aventi diritto, compresa la copertura esterna della tenda, pur essa appartenuta per intero a Nadine Mauriot".