REDAZIONE FIRENZE

"I talebani sequestrano le bambine casa per casa"

Il racconto di Silvia Ricchieri, cooperante fiorentina che per anni ha lavorato là "Una nostra attivista ha raccontato le loro violenze ed è ancora a Kabul: salvatela"

Silvia Ricchieri ha visto davvero cosa sia l’Afghanistan. Ha visto le donne, i bambini e il terrore della popolazione al solo sentir pronunciare il nome dei talebani. Per anni ha lavorato laggiù come volontaria, per conto dell’organizzazione non governativa Cospe, titolare fino al 2018 di progetti per i diritti umani nelle 34 province dell’Afghanistan. Oggi, da Firenze, mantiene un filo diretto con Kabul e le altre città dove è stata e dove ha intessuto legami e fili di relazioni umane. Che rischiano adesso di essere spezzati. Come quello che la unisce a quindici calciatrici afgane della squadra di Herat, formazione campione dell’Afghanistan con cui Cospe ha cooperato, che sarebbero scappate in Iran. Il problema però è che di altre sei non si hanno più notizie: "Appena era chiara la rapida avanzata dei talebani – racconta Silvia (nella foto, in basso) – molte sono fuggite e pare che ce l’abbiano fatta ad arrivare in Iran. Sono giovani e nubili, per loro il rischio di violenze e ritorsioni dai talebani è altissimo. Purtroppo di sei non abbiamo notizie e neanche del loro allenatore. Siamo molto preoccupati". "Mi scrivono anche dieci volte al giorno frasi come ‘Abbiamo paura, siamo in casa, non usciamo fuori, temiamo chi bussa alla portà", dice Stefano Liberati co-autore con Mario Poeta del docufilm ‘Herat Football club’ che racconta quella squadra. "Per quelle che hanno chiesto di venire in Italia c’è una lista affidata ai canali previsti – prosegue Liberati – altre sono andate in Iran. Poi di alcune non si sa nulla. Sono a Herat, crediamo stiano con le famiglie ma la situazione è incerta".

Ma non finisce qui. Racconta ancora Silvia che l’Italia deve evacuare al più presto da Kabul un’attivista che ha visto durante l’avanzata dei talebani nella provincia di Takhar razzie di bambine casa per casa, per essere date in spose ai miliziani come bottino di guerra. "La nostra attivista afgana ora è nascosta da qualche parte, forse a Kabul, e chiediamo che possa essere portata via – prosegue Silvia Ricchieri –. Ci ha comunicato qualche giorno fa che durante l’avanzata nella sua provincia, molto rapida, i talebani sequestravano le bambine dalle case, picchiando e forse anche uccidendo i familiari che si opponevano. Non c’è stato il tempo di mettere in salvo le bimbe, è stato tutto veloce, ci ha fatto capire dai suoi messaggi. Lei è scappata verso la capitale sperando di poter uscire dal Paese, crediamo che si sia nascosta da qualche parte. La riteniamo in grande pericolo di vita".

I fatti di cui l’attivista è stata testimone sono recenti, di due-tre settimane fa. Dai racconti, oltre al metodo sistematico di cercare bimbe nelle abitazioni, che in quanto nubili possono essere date in spose (fino a quattro donne per uomo secondo la legge coranica), risulterebbe che molte piccole, anche di 7-8 anni di età, sono morte negli stupri. La sua testimonianza – viene spiegato dalla ong – è decisiva e il suo ruolo di attivista è tracciabile dai talebani. I cooperanti italiani seguono le vicende anche degli altri ex collaboratori con molta apprensione. Tra i progetti umanitari attuati per molti anni, e ormai chiusi, anche quelli di assistenza legale e psicologica a Kabul ed Herat, per donne sopravvissute alla violenza domestica e di case-rifugio per ospitare quelle che si erano dovute allontanare dalle famiglie.