FIRENZE
Una joint venture tra mala albanese, ndrine calabresi, sacra corona unita foggiana, ha fatto arrivare nel porto di Livorno tonnellate di cocaina nascosta nei carichi di banane provenienti dall’Ecuador. Poi, apposite squadre specializzate, “esfiltravano“ i panetti dai nascondigli. E a quel punto la polvere bianca era pronta a inondare le piazze più proficue. E Firenze tra queste, dove alcuni esponenti del sodalizio criminale, soprattutto albanesi, si erano stabiliti e avevano cominciato ad investire in B&B e strutture ricettive, attratti dal grande business del turismo nella città d’arte.
Dove porterà l’indagine della Dda di Firenze, è ancora presto per dirlo. Ma intanto, l’attività delegata alla guardia di finanza di Pisa accende ancora una volta i riflettori sul destino di quell’oceano di denaro sporco frutto del mercato internazionale della droga. Un’ordinanza, firmata dal gip Piergiorgio Ponticelli, ha colpito 23 persone presenti presenti sul territorio italiano (Toscana, Calabria,Lazio, Puglia, Campania, Lombardia, Veneto, Liguria) ed all’estero (Albania, Francia, Spagna e Romania). Alcuni di questi soggetti sono ritenuti i componenti di una associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, a carattere transnazionale. Che avrebbe fatto arrivare quantitativi tali da generare introiti da capogiro.
Mesi e mesi di intercettazioni, pedinamenti, osservazioni, decrittazione di chat segrete, hanno permesso di ricostruire la strada compiuta dalla cocaina. Sin dalla sua coltivazione. Secondo quanto ricostruito dal pm Leopoldo De Gregorio, esponenti del cartello dislocati in Ecuador acquistavano la coca direttamente in Colombia. I carichi, dopo essere stati sottoposti a un vero e proprio "controllo qualità", venivano nascosti nei carichi di una nota multinazionale della frutta, diretti verso l’Italia. Livorno è uno degli hub preferiti, assieme a Genova e Savona, al pari di Barcellona, Anversa, Rottersam e San Pietroburgo.
"Normali" containers pieni di banane venivano stoccati nei porti di arrivo, dove poi apposite squadre di recupero provvedevano al prelievo della droga ed alla loro esfiltrazione dalle aree portuali, per poi essere messi a disposizione delle compagini criminali. Per agevolare le operazioni di individuazione e recupero della cocaina, il sodalizio criminale utlizzava anche dispositivi di radiolocalizzazione. L’attività di indagine ha consentito di sequestrare oltre 2 tonnellate di cocaina, 45 chili di hashish, 20 chili di marijuana - che avrebbero fruttato circa 70 milioni di euro alla consorteria criminale - e di trarre in arresto, in flagranza di reato, ulteriori tre responsabili.
"I risultati operativi sono stati ottenuti anche grazie al prezioso contributo di Eurojust, Europol, Direzione Centrale per i Servizi Antidroga e l’Ufficio dell’Esperto per la Sicurezza di Tirana, che hanno fornito un costante supporto investigativo agli operatori di Polizia Giudiziaria. La Direzione Nazionale Antimafia ha assicurato il coordinamento con gli altri Uffici distrettuali antimafia italiani", dice la rpcira. Analoghe operazioni sono in corso in Albania e negli altri paesi coinvolti, i cui esiti finali non sono ancora noti".
stefano brogioni