EMANUELE BALDI
Cronaca

I tre leader religiosi a confronto: "Giovani perduti e città egoista. Il riscatto? Rileggere la Bibbia"

Il vescovo: "Il carcere di Sollicciano è indecoroso, si delinque anche per mancanza di orizzonti". L’imam: "Problemi nel penitenziario minorile". Il rabbino: "Il Cristianesimo mediatore di pace". .

Il vescovo: "Il carcere di Sollicciano è indecoroso, si delinque anche per mancanza di orizzonti". L’imam: "Problemi nel penitenziario minorile". Il rabbino: "Il Cristianesimo mediatore di pace". .

Il vescovo: "Il carcere di Sollicciano è indecoroso, si delinque anche per mancanza di orizzonti". L’imam: "Problemi nel penitenziario minorile". Il rabbino: "Il Cristianesimo mediatore di pace". .

Il dialogo come antidoto, l’ultimo forse, per scongiurare un baratro fisico, prima ancora che etico, davanti al quale l’uomo – oggi con le gambe molli e la testa priva delle rotte chirurgiche di un tempo – rischia di non aver bussole per scansare.

Di dialogo, di barriere spesso solo figlie di preconcetti e quindi in fondo non così difficili da scavalcare, di bisogno di reincontro con l’altro, hanno parlato ieri, nella Sala degli Specchi di Palazzo Borghese, nell’ambito di un confronto interreligioso organizzato dal Rotary Club di Firenze e moderato da Erika Pontini, responsabile della cronaca di Firenze de La Nazione, l’arcivescovo di Firenze Gherardo Gambelli, Joseph Levi, per oltre vent’anni rabbino capo della città, e l’imam Izzedin Elzir.

Sulle religioni, sul terreno ancora minatissimo del Medio Oriente, e il rischio che un’interpretazione deviata della fede diventi ancora benzina incendiaria di conflitti, Levi ha parlato della necessità di "continuare", anzi di "riprendere" a "parlarsi".

Una lezione che invita a "non essere giudici della storia su chi è buono e chi è cattivo" ma a giocare di sponda con il mondo cristiano che può fungere da ponte per un rinnovato dialogo che sia anzitutto "tentativo di capirsi".

L’imam concorda, invoca una "forza terza", l’Onu, e pur precisando che lo scontro resta in atto sempre "tra occupante e occupato", ritiene giusto "non essere più tifosi" di fronte a una "situazione sempre più difficile con già migliaia di morti" da piangere. Per Gambelli, che cita San Francesco disarmato come figura di mediatore, "è necessario far uscire il lupo che è dentro di noi".

Si è parlato anche di Firenze ieri sera. Di una città distratta, emotivamente stanca, con un tessuto sociale sempre più sfilacciato, dove anche tragedie come la scomparsa della piccola Kata dall’ex Astor e l’uccisione del giovane Maati sembrano quasi scivolare via, non nell’indifferenza, ma in una sorta di bolla di ineluttabilità che non porta più a scintille di empatia che porta ad azioni pratiche. Una città nervosa, assente, a tratti priva di sussulti. E’ così?

Izzedin Elzir dice che "purtroppo oggi, anziché intervenire, spesso si fanno dei passi indietro", di "una società troppo materiale in cui si rinuncia ormai spesso a fare figlio". Il riscatto, per l’imam, passa solo da "uno scatto culturale che ridia fiducia" e la medicina è "una cultura della legalità che può vincere l’indifferenza. Ho visitato il carcere minorile. Erano 27 invece che 17. Dobbiamo agire affinché questi ragazzi non diventino manovalanza per la delinquenza".

Anche Gambelli avverte "un clima pesante" in città. "Siamo chiamati – dice – a un sussulto di umanità". "Chi trasgredisce le regole a volte è perché non ha orizzonti" riflette memore del suo impegno al carcere di Sollicciano “una situazione indecorosa“. Levi parla di "crisi culturale profonda" e invoca "incontri nelle scuole anche per capire i messaggi della Bibbia che non sono più nel bagaglio esistenziale dei giovani".

Una città, Firenze, che tuttavia, a detta dei partecipanti, ha ancora in seno dei forti anticorpi contro le forme di intolleranza sia nei confronti delle persone di religione ebraica che verso i musulmani. Infine una suggestione collettiva. Suggerita partendo da un simbolo fisico di dialogo. A San Marino, nella Cappella di Sant’Anna, sul tetto ci sono i simboli delle tre grandi religioni (la stella ebraica, la Mezza luna e la croce). Un modo di parlare al mondo di un dialogo interreligioso quanto mai oggi necessario. Sarebbe bello, chiediamo, se anche a Firenze ce ne fosse una. Per Gambelli sarebbe interessante lanciare un concorso per replicare in riva ad Arno qualcosa di simile, in grado di lanciare dal pulpito fiorentino un messaggio forte e trasversale. L’imam scherza: "Qui già prendiamo tutti il caffè insieme...". Prudente Levi che plaude all’idea rimarcando però la necessità che resti definita, nel perimetro di un rispetto reciproco, la differenza tra le religioni.