
Sono le carte vincenti della previdenza complementare: deducibili dal reddito i versamenti fino a 5.164 euro. Le opzioni: anticipo, incasso totale, vitalizio .
Il sistema pensionistico italiano si basa su due pilastri: la previdenza obbligatoria, che riguarda l’Inps e le casse professionali, e la previdenza complementare, che integra la pensione di base ed è volontaria. Quest’ultima si articola in diverse forme: fondi pensione negoziali, fondi pensione aperti, Piani individuali pensionistici (Pip) e fondi pensione preesistenti. I contributi sono rappresentati dai versamenti effettuati dal lavoratore, dal contributo del datore di lavoro, se previsto, e dal Tfr futuro, in tutto o in parte. Quindi la ‘posizione individuale’ è data dai contributi più i rendimenti dell’investimento, sotrratti i costi di gestione e aumenta con la durata del periodo di versamento.
La previdenza integrativa è perciò oggi una scelta fondamentale per garantire una pensione dignitosa, soprattutto per le nuove generazioni. Uno dei vantaggi dei fondi di previdenza complementare è la fiscalità agevolata. I contributi versati – anche per i familiari a carico – sono deducibili dal reddito fino a 5.164 euro l’anno. I rendimenti sono tassati al 20% anziché al 26%, mentre la tassazione sulla pensione integrativa è ridotta al 15% e può scendere fino al 9% con il passare degli anni di partecipazione.
"I fondi chiusi, legati ai contratti collettivi nazionali, permettono investimenti più solidi ed hanno una tassazione vantaggiosa", sottolinea Alessandro Beccastrini, della segreteria della Cisl Toscana. "Inoltre, se il lavoratore aderisce, il datore di lavoro è obbligato a versare una quota aggiuntiva che altrimenti rimarrebbe nelle casse aziendali. Anche se può sembrare poco – parliamo di circa il 2% della retribuzione mensile – questi contributi si accumulano nel tempo". Una regola comune suggerisce di destinare tra il 10% e il 15% del reddito mensile alla pensione integrativa (7-8% è la quota di Tfr, il resto quota dell’azienda e integrazione personale).
Altro aspetto cruciale è la gestione del Tfr. Nei fondi di previdenza complementare, il Tfr viene investito per garantire rendimenti superiori rispetto a quelli ottenibili lasciandolo in azienda o all’Inps. "I dati dimostrano che nei fondi pensione il rendimento medio del Tfr è quasi il doppio rispetto a quello lasciato in azienda", aggiunge Beccastrini. Anche chi ha contratti a tempo determinato può aderire alla previdenza complementare. "Alla fine del contratto ha tre possibilità: trasferire i soldi accumulati in un altro fondo, mantenerli investiti fino alla pensione o riscattarli immediatamente", chiarisce Beccastrini.
"La previdenza integrativa è pensata per il lungo periodo, ma consente flessibilità. Ad esempio, se il capitale accumulato supera una certa soglia, è possibile scegliere se riscattarlo interamente, ricevere una parte subito e convertire il resto in una rendita mensile o, in alternativa, trasformare l’importo in pensione integrativa a vita".
Monica Pieraccini