di Stefano Brogioni
FIRENZE
Indizi trascurati e accertamenti ancora da svolgere. Si riassume così l’arringa dell’avvocato Vieri Adriani, legale delle vittime francesi di Scopeti, al cospetto del giudice Angela Fantechi. Due ore abbondanti per convincere il tribunale a non chiudere il sipario sull’ultima inchiesta dei delitti del mostro di Firenze, quella che coinvolge l’ex legionario di Prato, Giampiero Vigilanti, quasi 90 anni, e il medico Francesco Caccamo, 89, quest’ultimo presente in aula, a differenza del primo.
Il giudice si è riservato la sua decisione. Ha tre possibilità: accogliere la richieste di archiviazione del procuratore aggiunto Luca Turco. Disporre gli ulteriori accertamenti pretesi dal legale dei giovani uccisi nel 1985 agli Scopeti. O addirittura ribaltare il quadro e ordinare un processo.
La parte civile che ha innescato quest’ultimo filone d’inchiesta con un esposto a fine 2013 non disdegnerebbe certo l’ultima opzione, ma punta più concretamente a un supplemento d’indagine. E lo fa snocciolando dodici indizi che reputa non adeguatamente valorizzati dalla procura e una decina di spunti per il proseguimento dell’indagine sempre più infinita. Si parte dall’impronta, anzi dalle impronte: quella di Calenzano, delitto del 1981, e quella invece più misteriosa rinvenuta a Scopeti. Di questa seconda orma se ne parla nelle carte dell’equipe del criminologo De Fazio, ma non esiste una documentazione.
E’ possibile trovarla? La parte civile chiede di provare a reperire anche anfibi dell’indagato Vigilanti, noto anche per il suo eterno look da militare. Ma per Adriani, sarebbe stato sufficiente anche quello che già c’è, per trascinarlo davanti alla Corte d’Assise come fu per Pacciani e i compagni di merende.
Ad esempio i giornali che furono rinvenuti in una perquisizione a casa della madre a Caselle, Vicchio (c’era una copia della Nazione del 1974 che parlava dell’omicidio di Rabatta, quando ancora il mostro non c’era), o gli avvistamenti della macchina sportiva rossa con il cofano nero nelle zone di almeno due duplici omicidi - Calenzano e il penultimo della serie a Vicchio, nel 1984 -, auto che fa immediatamente pensare alla Lancia Flavia bicolore posseduta da Vigilanti nei 17 anni in cui il mostro ammazzò otto coppie di amanti o fidanzati. Vigilanti ha pure ammesso di essere stato nei paraggi "a curiosare" quelle notti.
La replica. Ma la procura ha ribattuto punto su punto. Il pm, pur assicurando disponibilità a compiere ogni approfondimento, se il giudice li richiedesse, ha invocato il "parametro della concretezza". Concretezza che non ha riscontrato in quel quadro "fragile e incerto" a carico di Vigilanti. Scettico, oltre che per il tempo passato, anche sui risultati che eventuali nuovi accertamenti potrebbero portare, a partire dalle ricerche dell’impronta di Scopeti "che non esiste", da comparare con degli stivali "che non abbiamo".
Addirittura perentorio sui dubbi riguardo all’arma: Adriani, su indicazione del proprio consulente, ritiene plausibile l’utilizzo nei delitti della High Standard rubata a Vigilanti (e prima appartenuta al medico coindagato). Ma Turco, grazie all’ogiva intonsa spuntata dal cuscino della tenda francese, chiude tutte le porte: "l’angolo di torsione, mai misurato prima, stabilisce che l’arma è una Beretta". Quella che non è mai stata ritrovata.
A proposito: il procuratore ha rivelato che sono ancora in corso accertamenti sulla calibro 22 ritrovata lungo la Firenze-Siena. Era una Beretta serie 70, compatibile con quella del mostro. Così, se si dovesse chiudere questa inchiesta, ne rimarrà comunque aperta un’altra. Perché, ha ricordato Turco, "da 35 anni non vi è stato un solo giorno senza un procedimento pendente a Firenze". Sarà così ancora per un po’, visto che comunque lo stesso Turco ha aperto un fascicolo per depistaggio per i segni artefatti sulla cartuccia ritrovata nell’orto di Pietro Pacciani.