
Dal 9 all’11 maggio la commedia diretta dal regista Sandro Querci andrà in scena al Teatro Verdi. L’attore Camillo Grassi: "Quest’opera tira fuori parti della toscanità di cui ti innamori follemente".
di Lavini Beni
Alla ricerca del cappello di paglia. Alla ricerca anche di noi stessi. "Il cappello, all’interno dell’opera" spiega Sandro Querci, direttore artistico e protagonista della commedia musicale ‘Il cappello di paglia’ , "rappresenta il nostro alter ego". E così il palcoscenico del Teatro Verdi (i giorni 9, 10 e 11 maggio) si riempirà per davvero di questi copricapi (si contano circa 150 e provengono dal Consorzio del cappello di paglia e di Signa). "Trenta sono quelli dei film da Oscar. In una scena ce ne saranno una settantina. Noi attori ne abbiamo quattro a testa che cambieremo durante il corso dell’opera". Tutto inizia così: con la ricerca spasmodica di un oggetto perduto, un oggetto che vive con affetto: "Nella piana fiorentina, fin dall’Ottocento, si intrecciava la paglia e si creavano copricapi" continua Querci.
Francesco Leoni sta per sposarsi, ma il suo cavallo mangia il cappello di una donna. La proprietaria, che ha un amante a ha paura che il marito si accorga della scomparsa dell’oggetto e che inizi così a sospettare del tradimento, rivendica a Leoni l’immediata restituzione, altrimenti lo farà uccidere dal militare con cui ha la tresca. Inizia allora l’avventura di Francesco (interpretato da Sandro Querci) che tre ore dopo dovrà convolare a nozze con la sua amata. Silvia Querci, regina del Musical in Italia e sorella di Sandro: "Il cappello rappresenta il lavoro introspettivo di ognuno di noi. Indica anche la capacità dell’attore di riuscire a tirare fuori le emozioni".
"Tirare fuori", specifica la coreografa e attrice della pièce, "e poi donarlo agli altri: è il nostro strumento". Querci riprende il soggetto da un’operetta del 1851 scritta da Eugène Labiche e ambientata in Francia, dal nome di ‘Un chapeau de paille d’Italie’. Negli anni ’40, Nino Rota ne fa un’opera lirica. Querci la riscrive e crea una commedia musicale con tratti molto umoristici. "Noi ci divertiamo tanto quando proviamo, viene tutto naturale" dice Camilla Gai, "secondo me il pubblico lo noterà e sarà coinvolto". Non solo cappelli e comicità. Un altro tocco importante è la scelta musicale: "L’80% delle musiche sono indirizzo Riz Ortolani", spiega Sandro Querci. Alessandro Calonaci, attore de La compagnia del Buono come gli altri componenti del cast, ride: "Ogni cellula del mio corpo balla". Camillo Grassi, attore della pièce: "Io sono romagnolo. Quest’opera tira fuori parti della toscanità di cui ti innamori follemente". Infatti racconta anche la popolare: sarà aperta una finestra anche sulle trecciaiole.