
L’inchiesta era partita nel 2007 approdando a processo nel 2013
Tutti assolti perché il fatto non sussiste. A 18 anni dall’avvio dell’inchiesta, anche al processo d’appello per il presunto traffico organizzato di rifiuti relativo alla realizzazione della variante di valico e della terza corsia A1 nel tratto tra Firenze e Bologna sono cadute le accuse per i 17 imputati come già accaduto in primo grado.
Tra loro gli allora dirigenti di Autostrade per l’Italia Gennarino Tozzi, e Tonino Russo, imprenditori e manager di aziende in appalto Costruzioni e Todini, tra cui Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei, già proprietari della Btp poi fallita, il dirigente Michele De Capoa della Todini, l’ad della Toto Costruzioni Alfonso Toto e il dirigente Francesco Talone.
Cadute le accuse anche per gli allora direttori delle tratte di cantiere Massimo Maiani, Lorenzo Scolavino, i direttori tecnici Claudio Eusebio, Luciano D’Onofrio, Danile Franceschini, Angelo Volpe, il capo cantiere Flaviano Iezzi ed Emilia Mondella la legale rappresentante della Calabria Lavori per la movimentazione del calcestruzzo.
Il procuratore generale Gianni Tei aveva chiesto condanne comprese tra un anno e mezzo e 4 anni di reclusione. L’inchiesta era partita nel 2007 approdando a processo nel 2013. I pm Giulio Monferini e Gianni Tei ipotizzavano presunte irregolarità nello smaltimento delle terre di scavo prodotte dai cantieri per la terza corsia dell’A1, e in particolare per lo "smarino". Per la procura, l’uso di additivi e prodotti chimici necessari allo scavo avrebbero reso questo materiale un rifiuto che, dunque, come tale andava trattato, ovvero smaltito con procedure speciali.
Nel 2017 il tribunale assolse i 17 imputati. Il pm Monferini impugnò la sentenza in Cassazione ‘per saltum’ evitando il secondo grado di giudizio. Il ricorso verteva principalmente su due punti. Il primo: gli accertamenti effettuati da personale dell’Arpat,
che nella sentenza di primo grado erano stati liquidati come atti non validi in quanto detti operatori non erano assimilabili alla
polizia giudiziaria.
L’altro punto è ancora più interessante, e riguarda il cosiddetto "smarino", ovvero le terre di risulta dal fronte di scavo. I materiali che escono dalle scavatrici cosa sono?
Per la procura, come detto, l’uso di additivi e prodotti chimici necessari allo scavo rendevano quel materiale un rifiuto e come tale andava trattato, quindi smaltito con procedure speciali. Per i difensori, invece, nessuna irregolarità in quel ’sottoprodotto’, una miscela di terre e rocce, e nessun reato nello smaltimento, anche laddove i materiali di risulta sono finiti in
cave o torrenti.
Nel 2021, la suprema Corte dispose il processo di secondo grado. E oggi la terza sezione della corte d’appello ha confermato la sentenza di assoluzione. La conferma della sentenza di primo grado "che assolveva gli imputati perché il fatto non sussiste per il reato di traffico organizzato, sta a testimoniare, ancora una volta, la correttezza nella gestione del materiale di scavo" il commento degli avvocati Antonio D’Avirro e Gilberto Giusti, difensori del Rup di Autostrade.
P.m.