Confermata la richiesta di rinvio a giudizio per gli undici imputati (a cui si aggiungono quattro società) nell’ambito dell’inchiesta su presunte irregolarità nei finanziamenti a Open, la fondazione attiva tra il 2012 e il 2018 per sostenere finanziariamente l’ascesa e l’attività politica di Matteo Renzi, prima come sindaco di Firenze e poi come segretario del Pd. Non hanno cambiato l’impianto accusatorio e confermato la propria posizione, quindi, i pubblici ministeri della procura di Firenze, Luca Turco e Antonino Nastasi, che ieri hanno tenuto le loro requisitorie per quasi tre ore.
Dieci giorni. Poi salvo rinvii o colpi di scena, i giudici decideranno se iniziare il processo per il caso Open.
Nel corso dell’udienza di ieri mattina davanti al gup del Tribunale di Firenze, Sara Farini, i due pm hanno così ribadito le motivazioni che hanno condotto la procura il 9 febbraio 2022 a chiedere il processo, tra gli altri, per l’ex premier e leader di Italia Viva Matteo Renzi, l’ex ministra Maria Elena Boschi, l’ex deputato e ex ministro Luca Lotti, l’ex presidente della Fondazione Open Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai, i componenti del cosiddetto ‘Giglio magico’.
A tutti loro è contestato il reato di finanziamento illecito ai partiti, dal momento che la procura ritiene la Fondazione Open un’articolazione di partito riconducibile e funzionale all’ascesa politica di Renzi. Sui conti di Open sarebbero transitati, secondo le accuse, fondi per 3,5 milioni di euro in violazione della legge sul finanziamento dei partiti. Secondo il sostituto procuratore, il tema è quello del condizionamento delle dinamiche democratiche che può derivare dai contributi economici, cercati dai politici a sostegno della propria attività, e ricevuti dai privati.
Nel fascicolo, che conta oltre 90 mila pagine dopo svariati sequestri, dissequestri e ricostruzioni, c’è la storia di un’inchiesta durata oltre due anni e conclusasi nel 2021. E tra i reati contestati a vario titolo ad alcuni imputati, ci sono anche quello di corruzione e traffico d’influenze.
Turco ha poi denunciato in aula l’accanimento giudiziario nei suoi confronti e, più in generale, della pubblica accusa avvenuto con denunce (cinque tutte chiuse con archiviazioni) e incolpazioni disciplinari. Ma anche con iniziative mediatiche come il "quaderno rosso per toga rossa" distribuito da Matteo Renzi ai giornalisti nei corridoi del tribunale e diffuso in aula ai difensori.
Renzi, come alla scorsa udienza, non era presente in aula (non è mancata un’osservazione sulla sua assenza da parte dei magistrati). E dopo gli interventi dei sostituti procuratori, hanno preso la parola alcuni dei difensori per contestare l’impianto accusatorio.
L’udienza è stata aggiornata al 12 dicembre, quando parleranno i rimanenti difensori degli altri imputati. Il giudice Farini ha preannunciato che se nella prossima udienza ci sarà tempo potrebbe tenere anche la camera di consiglio per decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio.
"Gli argomenti usati dal pubblico ministero Luca Turco nell’udienza di oggi (ieri ndr) sono gli stessi che la Cassazione ha già distrutto uno dopo l’altro", ha detto invece l’avvocato Federico Bagattini, uno dei difensori di Matteo Renzi.
P.m.