di Stefano Brogioni
FIRENZE
Libero di lavorare in un bar di Girona ma anche libero di scappare. Libero di farsi beffa di due Stati e libero di sfuggire a quella giustizia che una famiglia insegue, invano, da quasi cinque anni. La libertà poco vigilata di Rassoul Bissoultanov, l’assassino del 22enne Niccolò Ciatti, è diventata latitanza. Ufficialmente da ieri mattina, quando, tra lo stupore generale, il ceceno, 29 anni, professionista della lotta e della arti marziali, come testimonia la tecnica devastante utilizzata per caricare la pedata che uccise il giovane fiorentino sulla pista del “St Trop“ di Lloret de Mar, non si è presentato all’udienza di Girona dove accusa e difesa avrebbero dibattuto sul suo ritorno in carcerazione preventiva.
C’è un nuovo mandato d’arresto internazionale che pende sulla sua testa, adesso. Lo ha emesso il tribunale spagnolo quando neanche il difensore di Bissoultanov in Catalogna, Carles Monguilod, ha fornito uno straccio di giustificazione all’assenza del suo assistito. "Si dev’essere spaventato, ha paura di dover tornare in carcere", ha dichiarato a un’agenzia catalana. "Non lo sento da un po’", dice Francesco Gianzi, l’altro legale in Italia.
Ma la fuga dell’imputato, già riconosciuto colpevole di omicidio volontario e condannato a quindici anni in Spagna e sotto processo anche in Italia, dove rischia l’ergastolo, è una mazzata soprattutto per la famiglia Ciatti, che da quella notte dell’agosto del 2017 cerca giustizia per suo figlio tra tante, troppe, peripezie.
"Come noi abbiamo sempre detto, avevamo il timore che lui scappasse, e così è stato - si sfoga Luigi Ciatti -. Attualmente è latitante, è ricercato, ma il problema è che ha avuto una settimana di tempo per fuggire. In questo momento è difficile capire dove possa essere. Questa paura dell’allontanamento l’abbiamo sempre rappresentata sin dall’inizio, evidentemente però i controlli sono stati scarsi e superficiali. Qualcosa di più di una firma settimanale avrebbe forse evitato la sua fuga. Ancora una volta ci troviamo di fronte a situazioni che si ribaltano completamente. Il vero condannato è mio figlio, che quella sera stava ballando e invece è stato colpito con la volontà di uccidere da parte di un assassino che la Spagna non è stata capace di controllare e mettere in carcere neanche per quei pochi anni che una sentenza che ci lascia molto perplessi - conclude Ciatti - aveva indicato". Probabilmente, se il tribunale di Girona avesse concesso l’estensione della carcerazione preventiva per altri tre anni e mezzo (come chiedevano pm e parte civile), oltre i quattro che il ceceno ha già scontato, per Bissoultanov sarebbe di fatto iniziata la pena.
In questi giorni, infatti, scadono i termini per la presentazione del ricorso contro la condanna in primo grado (anche i Ciatti faranno ricorso, chiedendo che la condanna a 15 anni venga aumentata), e tra non molto il procedimento spagnolo sarebbe diventato definitivo.
Invece, l’assenza dell’imputato potrebbe di nuovo impantare il procedimento spagnolo.
Fortunatamente non è stato interrotto il processo “gemello“ italiano, che seppur ancora nella fase del dibattimento, andrà avanti anche con l’irreperibilità dell’imputato. La prossima udienza è prevista a settembre.