Il circo itinerante degli Incognito: "In tour con la stessa etica di sempre"

Lunedì sera al Seravezza Blues Festival il gruppo riannoda i fili di un viaggio dell’acid-jazz avviato nel 1981

Il circo itinerante degli Incognito: "In tour con la stessa etica di sempre"

Il circo itinerante degli Incognito: "In tour con la stessa etica di sempre"

Il quasi mezzo secolo di musica che si porta sulle spalle Jean Paul “Bluey” Maunick sembra proprio non sentirlo. E lunedì alle 21 è al Seravezza Blues Festival, nella suggestiva cornice del Palazzo Mediceo, con i suoi Incognito per riannodare i fili di un’avventura dell’acid-jazz avviata nell’81 e deflagrata in tutte le radio una decina di anni dopo grazie alla versione riveduta e corretta della Don’t you worry about a thing di Stevie Wonder. Innumerevoli le formazioni avvicendatesi negli anni attorno ad un unico elemento catalizzante. Lui.

Nel 1981, quando uscì l’album “Jazz funk”, avrebbe mai immaginato che dopo 43 anni sarebbe stato ancora in tour?

"Questo è sempre stato il piano. Il desiderio di viaggiare e vedere il mondo era pari a quello di fare musica. Ci sono voluti quasi dieci anni perché il circo musicale itinerante iniziasse davvero".

Il segreto di questa longevità sta anche nel fatto che siete un collettivo?

"Ha colpito nel segno. Il fatto di poter contare su una squadra così composta e talentuosa ci ha permesso di fare svariate tournée e rimanere fedeli all’etica degli Incognito".

Incognito è il suo progetto di riferimento, ma attorno ce ne sono diversi altri.

"Già, perché la mente creativa non sta ferma e l’anima creativa ha bisogno di esprimersi. Incognito è la casa madre, ma ho pure un’unità più piccola e più strumentale, i Citrus Sun, che hanno appena pubblicato il loro quinto album in studio. Un disco si apre con 4 cover classiche, più altre 6 nuove composizioni. La confraternita jazz funk già salta di gioia. Ma sono impegnato pure in STR4TA, progetto britfunk in collaborazione con Gilles Peterson che ha pubblicato finora 2 album”.

Cos’è rimasto della Londra trovata all’età di 9-10 anni, appena arrivato in Inghilterra dalle Mauritius?

"È ancora una città multiculturale frenetica e vivace, ma ci sono vantaggi e svantaggi... La cosa positiva è che, come sempre, c’è un’entusiasmante scena artistica e musicale che è sempre un passo avanti rispetto a qualsiasi altra città al mondo. L’aspetto negativo è che il tasso di criminalità giovanile è in crescita. Soprattutto furti di strada e crimini più allarmanti con coltelli. Nel complesso lo trovo ancora un potente hub creativo a cui mi piace tornare. Gli aspetti positivi superano quelli negativi, ma per quanto tempo non lo so".

Quali sono i suoi legami col mondo del jazz italiano?

"Molti sono stati influenti e fonte di ispirazione nella mia musica e nella mia produzione. Tra questi Pino Daniele, il Perigeo, la Premiata Forneria Marconi, Toni Esposito, Ennio Morricone, Stelvio Cipriani, Vince Tempera, Alessandro Alessandroni, Piero Umiliani, Max Rocci e Franco Micalizzi. Ho avuto la fortuna di aver collaborato e di collaborare ancora con alcuni incredibili musicisti e cantanti quali Mario Biondi, Roberta Gentile, Enrico Rava, Stefano Bollani, la band 3D".

Francesco Mendolia e Chicco Alotta, a batteria e tastiere, sono le presenze italiane in formazione. Che colori danno al suono degli Incognito?

"Sono una forza con cui riconnettersi. Appassionati, colorati, espressivi. Uno romano, l’altro siciliano, ci intrattengono di continuo durante i viaggi. Grandi".

Andrea Spinelli