MARIANNA GRAZI
Cronaca

Il Comitato scientifico: "Guidiamo la tecnologia perché diventi inclusiva"

Secondo gli esperti l’intelligenza artificiale può contribuire ad abbattere stereotipi e pregiudizi anche attraverso la rappresentazione e l’uso di un linguaggio equo .

Il circuito che alimenta il lavoro del nostro canale: al quarto Festival di Luce! non potevano mancare i membri del comitato scientifico. Professionisti di vari settori che aprono nuove prospettive di approfondimento e di analisi per il nostro lavoro. Sul palco per il panel “Nessuno escluso: la tecnologia che ci unisce“ Luisa Bagnoli, presidente di Scientific Tech House, parla di robotica: "Diciamo sempre che le donne sono prese da tanti lavori oltre il lavoro ufficiale: questa potrebbe liberare tempo. L’inclusività riguarda tutti, più tempo significa anche potersi concentrare davvero sul proprio talento". E ancora è importante che l’Ia "venga elaborate e gestita sia da uomini che da donne, da ragazzi e ragazze, approciandosi come a una challenge positiva per noi stessi. La robotica è creatività", ha concluso Bagnoli.

Docente del Politecnico di Milano, Mara Tanelli spiega: "In università possiamo contribuire in due domini fondamentali: le tecnologie per l’inclusione e le tecnologie inclusive. L’Ia è un grandissimo aumentatore di abilità che posso supportare persone che hanno dei deficit di diverso tipo con un aiuto pratico. Ma stanno cambiando le relazioni tra le persone, quindi chi se ne occupa non può prescindere dal considerare oltre agli aspetti tecnici anche gli aspetti sociali".

Nel pomeriggio, durante il panel “Parole che uniscono: il potere della comunicazione inclusiva nel sociale e oltre”, la professoressa della Scuola Sant’Anna di Pisa Anna Loretoni sul tema della violenza delle donne ha detto: "Il linguaggio può portare avanti stereotipi, bias e pregiudizi che rendono il fenomeno qualcosa di possibile, parte dell’immaginario sociale collettivo. La donna è guardata solo come oggetto. C’è un grande lavoro da fare nelle istruzioni formative, dobbiamo lavorare sulla prevenzione e fin da piccoli educare al rispetto della dignità, all’inclusione delle diversità".

Francesca Vecchioni, presidente di Fondazione Diversity, racconta il lavoro fatto con le nuove linee guida per un linguaggio inclusivo e presenta il nuovo progetto, DiversiFind: "La scienza ci dimostra che impatto hanno le parole che diventano comportamenti, che feriscono. Ma l’IA, se guidata bene, può essere utile in questo senso. La prima soluzione è lavorare, con le comunità meno rappresentate, sulle parole (il deadname per le persone trans o la N-word per le afrodiscendenti) e vige la regola generale di chiedere. Se sappiamo usare le parole giuste riconosciamo che quelle persone esistono".

Il compito di chi fa audiovisivo, come il regista e sceneggiatore Ivan Cotroneo, "è eliminare questi cliché e aiutare le persone che non sono rappresentate a dire io esisto e faccio parte della narrazione. Da questo nasce “La vita che volevi”, (suo ultimo prodotto, ndr) che ha come protagonista Vittoria Schisano, donna amab (assegnata maschio alla nascita). Nel nostro Paese si fa un opera di censura grandissima per queste persone".

L’assessore al Welfare di Napoli Luca Trapanese, in videocollegamento, interviene infine sul tema delle parole e dei termini da usare quando si parla di disabilità: "Se ne parla in modo sbagliato. C’è tanta ignoranza, in senso positivo di chi ignora, di chi non conosce l’altro. Dobbiamo fare cultura. Noi non conosciamo le nostre diversità e per me dovremmo eliminare la parola ‘normalite’, perché alla fine, chi di noi è normale?".

Del comitato scientifico di Luce! fanno parte anche la presidente di Global Thinking Foundation Claudia Segre, il presidente di Ipsos Nando Pagnoncelli, il presidente del Comitato italiano paralimpico Luca Pancalli e la giornalista di Sky TG24 Monica Peruzzi.