Pontini
Cambiano soltanto le dinamiche di realizzazione. Per restaurarne gli impianti, creando anche un bypass in esterno e consentire le visite ai disabili, ci sono voluti otto interminabili anni. Oltre dieci volte il tempo inizialmente previsto per i lavori. Insomma l’uomo moderno ha inventato la burocrazia.
Il Corridoio vasariano che ha attraversato due guerre ed è stato restaurato dopo i bombardamenti tedeschi che risparmiarono Ponte Vecchio, poi ancora ferito nell’attentato dei Georgofili, è divenuto in epoca moderna un’opera iconica, forse proprio perché per lungo tempo inaccessibile. Ma la magia di questi ottocento metri non è l’opera in sé - attualmente priva di allestimenti -quanto la memoria di un passato maestoso, la suggestione che sempre esercitano i luoghi segreti. Segreti al punto di essere scelti da Dan Brown per alcune scene di Inferno. E poi c’è il fascino degli affacci unici sugli scorci di città. Sono 73 e ognuno sbircia un angolo di Firenze dall’alto.
Dalle leggendarie finestre sull’altare della chiesa di Santa Felicita agli oblò, ingabbiati nelle grate, sopra via de’ Guicciardini, buttando un occhio su via de’ Bardi, fino ad aggirare la Torre dei Mannelli. Si racconta che l’origine della tradizione orafa sul Ponte Vecchio fu dovuta proprio al passaggio dei Granduchi che non volevano sentire l’odore della carne dei beccai. Meglio l’oro.
Il Corridoio sbuca dentro gli Uffizi. E chissà se mai si potrà bussare alla porta dell’appartamento che fu di Eleonora di Toledo. Non c’è niente ancora, eppure quel Corridoio disadorno è un viaggio dell’anima che racconta tanto in un’epoca in cui c’è troppo di tutto. E invece c’è bisogno soltanto di tempo, quello necessario a guardare indietro e restare in silenzio per andare avanti.