
Il David resterà dov’è "Ma adesso salvate il Perseo di Cellini Così rischia la rovina"
FIRENZE
Dal David al Perseo, passando da un outsider, il monumento Demidoff a due passi dal fu Bar Amici Miei. Michelangelo, Cellini, fino al meno noto Bartolini. La riflessione del cardinal Betori sulla collocazione dell’opera michelangiolesca si estende, con il contributo di personalità dell’arte, a comprendere altri capolavori del patrimonio artistico cittadino, quindi dell’umanità. La questione nata dall’argomentazione di Betori, se è cruciale da un punto di vista spirituale e storico, non può avere la stessa attualità sul versante pratico: nessuno sposterà mai il David dalla nicchia dell’Accademia, e di questo l’alto prelato è ovviamente consapevole, come conferma il professor Natali presente anche lui alla conferenza stampa sui restauri del Battistero: "Betori ha parlato con il sorriso sulle labbra". Ma il tema fa scaturire un quesito, questo sì con possibili conseguenze pratiche tutte da decifrare: quante e quali le opere d’arte ancora all’aperto disseminate a Firenze e dintorni? E, se ci sono come ci sono, perché non impegnare soldi ed energie per porle al riparo, salvandole da inquinamento, incuria, rischi di attentati e danneggiamenti? Se lo chiede il professor Antonio Natali, storico dell’arte ex direttore degli Uffizi. Cita il Perseo di Benvenuto Cellini, affascinante bronzo rinascimentale di cui anni fa ha partecipato al restauro, che troneggia sul lato esterno della Loggia dei Lanzi. Natali teme per la sua conservazione: "Manca il coraggio di una scelta della politica, dello Stato. Non ci sono alternative, il Perseo va ricoverato in un edificio storico, come fatto ad esempio con la Giuditta e Oloferne di Donatello spostata nel 1988 dall’arengario alla Sala dei Gigli in Palazzo Vecchio (dopo un ‘passaggio’ nella Loggia dei Lanzi, ndr). Il Perseo è protetto dalla pioggia solo per la metà che resta interna alla Loggia, ma non basta". Per Natali bisogna agire alla svelta, invece tutto tace.
E un’analoga cappa di silenzio ha scaraventato nel dimenticatoio un altro manufatto che se nonha la valenza del capolavoro, rappresenta comunque un eccellente esempio di scultura neoclassica. Stavolta la denuncia, autorevole, viene dalla direttrice della Galleria dell’Accademia: "Il monumento al conte Nicola Demidoff – riflette Cecilie Hollberg – realizzato nel XIX secolo dallo scultore neoclassico Lorenzo Bartolini, giace sul lungarno Serristori coperto da teli e chiuso da una baracca di legno. Da anni nessuno può vederlo, da anni non vedo nessuno che ci lavori".
Riguardo Betori sul David, Hollberg fa suo il pensiero del cardinale in relazione al significato religioso che innerva il gigante di marmo. Ma la direttrice del museo che ospita la statua – la tribuna fu realizzata nel 1882 dall’architetto De Fabris, l’autore della facciata del Duomo, proprio per dare un tetto sicuro al David – ricorda che la Galleria ospita molte pale d’altare traslocate da chiese e pievi sconsacrate o chiuse. Spesso, dunque, la decontestualizzazione dell’arte è operazione necessaria. L’Accademia e la tribuna – in particolare per il suo disegno –, spiega ancora Hollberg, sono non a caso concepite come una sorta di basilica laica: "Ecco perché non organizzerò mai delle cene in queste sale...".
Più trancianti i giudizi sul Betori-pensiero di due colleghi di Natali e Hollberg. Il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi: "Solo suggestioni, nessuna possibilità che il David sia spostato". A suo tempo Sgarbi si disse "inorridito" dalle ipotesi David al Forte Belvedere e David al Teatro dell’Opera. Così reagisce Tomaso Montanari: "Sono basito. La scelta del David davanti Palazzo Vecchio fu presa da una commissione di cui facevano parte i più grandi artisti del tempo, dal Perugino a Botticelli compreso un certo Leonardo da Vinci. Un gruppo di un certo livello...".
Simone Boldi