
I Cara Calma, il gruppo alternative rock nato a Brescia a fine 2016
di Lorenzo Ottanelli
Il dolore, quello fisico, ma anche quello psichico. La sofferenza e la necessità di chiedere aiuto. Da queste premesse nasce ‘Itami’, il nuovo disco dei Cara Calma, il gruppo alternative rock nato a Brescia a fine 2016. Loro, Riccardo, Cesare e Fabiano, hanno 34 e 35 anni, e sabato porteranno la loro musica live al Glue, alle 22. È Fabiano a dirci che "è la prima volta che suoniamo a Firenze per cui siamo super gasati. Personalmente la frequento tanto perché qui abita la mia compagna".
Sei anni di carriera, ma perché vi chiamate Cara Calma? "È un nome che viene da lontano. Per noi significa dare più importanza al viaggio che all’arrivo. Siamo nati senza pretese di arrivare e con la voglia di prendercela, appunto, con calma".
Oggi portate in tour ‘Itami’, cosa significa? "È un termine giapponese che significa dolore, sia fisico che emotivo. Tutti i pezzi dell’album raccontano le nostre esperienze personali, a volte molto dolorose. Abbiamo canalizzato queste energie negative per creare qualcosa di bello, così che ci facesse da terapia".
Un titolo e la copertina dell’album in stile nipponico. Perché il Giappone è così affascinante? "Siamo tutti e tre appassionati di Giappone. Siamo cresciuti con l’immaginario degli anime degli anni Ottanta. Io personalmente sono affascinato da tutta quella cultura, dalla scrittura, dal cibo. Sono stato anche recentemente, ad ottobre, è un mondo a parte".
In ‘Itami’ ci sono titoli molto esplicativi, come ‘Male cane’ e ‘Fare schifo’, a cui si accompagnano due stili di rock, il punk e il pop. "Ci siamo arrivati col tempo. La nostra parte punk non è stata snaturata, è quello da cui veniamo, in testi che partono più dalla pancia che dalla testa. Oggi, però, siamo arrivati a un compromesso, cercando di scrivere questo disco utilizzando più la testa. È stata una crescita".
Dal dolore alla richiesta di aiuto. Oggi siamo più consapevoli sulla sofferenza? "I nostri genitori e nonni non avevano nessun tipo di supporto, si tendeva a minimizzare. Oggi c’è molta più consapevolezza e chiedere aiuto è sempre giusto".
Si parla molto di sofferenza nei giovani. È un fatto di generazione o di momento storico? "Entrambe le cose. Il momento storico non aiuta. Negli ultimi anni siamo stati in balìa di eventi catastrofici e questo ci fa perdere le speranze. Abbiamo passato tante crisi, come generazione".
Siete una band di provincia. Cosa vuol dire vivere e fare musica in provincia? "Siamo molto legati a Brescia, eppure vogliamo evadere. Siamo spesso in giro per l’Italia e nelle grandi città si respira aria nuova. Siamo però sicuri che, se non fossimo nati in provincia, non avremmo mai potuto scrivere questi testi".