
Operai al lavoro per liberare un’area verde dopo il crollo di un albero malato A Firenze gli arbusti sono 80mila
di Lisa Ciardi
FIRENZE
"Le piante di città vivono sotto stress. Questo, insieme all’età avanzata di una buona parte del parco arboreo, ai cambiamenti climatici e ai cantieri, rende probabili malattie e cadute". A spiegare il perché, sempre più spesso, ci troviamo di fronte ad alberi che crollano su strade, parcheggi e giardini, è Alessandro Trivisonno, presidente dell’Ordine dei dottori agronomi e forestali della provincia di Firenze oltre che della Federazione regionale.
Come mai così tanti episodi?
"Ci sono varie concause. Molti alberi sono stati piantati negli anni Cinquanta o addirittura prima: un’età importante per il contesto in cui vivono. In natura, un pino dura infatti 50-100 anni in più rispetto a quanto non accada su un viale cittadino. Poi dobbiamo considerare scavi, lavori, asfaltature, nuove tubature e fogne, che nel tempo provocano danni alle radici e talvolta anche al tronco. Un altro fattore è il cambiamento climatico, con siccità prolungate, ma anche piogge persistenti e ripetute che ammorbidiscono il terreno e possono creare il contesto adatto allo scivolamento delle radici. Se uniamo le raffiche di vento importanti che registriamo ormai da qualche tempo, il gioco è fatto".
Che fare quindi?
"Resta di primaria importanza l’intervento umano, ovvero quello che viene fatto intorno alla pianta. Le radici non dovrebbero essere tagliate e occorrerebbe evitare di cementificare il terreno vicino al tronco, cercando anche di non renderlo troppo compattato e asfittico. Poi ci sono le potature e, a proposito, approfitto per lanciare un appello: gli alberi vanno potati meno possibile. Più si rispetta il loro ciclo vitale e più crescono sani".
Si è fatto un’idea dei motivi delle ultime cadute a Firenze?
"Servono degli esami puntuali, ma posso dire che in diversi casi le chiome erano perfette e le piante sembravano sane. Questo farebbe pensare a una perdita di stabilità legata alle radici o al terreno".
Come si individua un problema e come si fronteggia una volta che lo si conosce?
"Intanto vengono fatti da tutte le amministrazioni comunali dei controlli costanti su salute e stabilità delle piante. Nelle situazioni critiche si procede al taglio e alla sostituzione. In altri casi la soluzione sarebbe depavimentare, ma non è facile, sia per i costi che per l’assetto delle città. Bisogna dunque fare, di volta in volta, una scelta. In viale Redi, per esempio, l’amministrazione ha deciso di tagliare gli alberi". Ma questo genera ogni volta polemiche…
"È fisiologico che ci siano sensibilità diverse, ma esiste una non negoziabile necessità di sicurezza. Quando la situazione è a rischio va spiegato ai cittadini che si è di fronte a un passaggio obbligato. Poi ci sono casi, come quello recente di Boboli, in cui viene fatta una scelta di tipo più progettuale e su questo possono esserci opinioni diverse". Il cambiamento climatico e la tropicalizzazione portano a scegliere piante differenti rispetto al passato?
"Sono fattori da considerare, ma molte scelte dipendono dal luogo in cui si colloca la pianta. In mezzo al pratone alle Cascine posso anche rimettere un pino domestico, se su un viale alberato diventa difficile visti i danni che le radici provocano al manto stradale. Dobbiamo poi valutare gli allergeni, la sporcizia che certe piante creano con i loro frutti, gli odori, la resistenza alla siccità… tenere conto di tutto è estremamente complicato, ma è alla base della buona progettazione delle alberature cittadine che non sempre si riscontra. A proposito di siccità va poi detto che un nodo strategico è l’irrigazione: se una pianta non viene adeguatamente innaffiata nei primi 3/4 anni, muore. Può sembrare banale, ma capita più spesso di quanto non si creda".