
"Il decreto Svuota carceri è debole. E’ un’aspirina a un malato grave. Massa e Volterra, esempi positivi"
"A Sollicciano manca umanità; non c’è il minimo percorso di recupero per i detenuti, ma solo la disperazione". Il giorno dopo la rivolta nella casa circondariale di Firenze, il garante regionale dei detenuti Giuseppe Fanfani non usa mezze misure. "E’ un sistema detentivo che genera disperazione e morte. Non si può più aspettare, il carcere deve essere abbattuto e dismesso. Contiamo 52 morti tra i detenuti e cinque tra gli agenti. Come si fa a non vedere, o a far prevalere considerazioni politiche tradotte in proposte di scarso respiro e di nessuna utilità, su un dramma umano di così grandi dimensioni?".
Perché in questi anni non si è fatto nulla per cambiare Sollicciano?
"Nulla non è corretto, sono stati spesi denari in manutenzione, ma con questo assetto è come se fossero stati buttati in un pozzo. Il carcere è enorme e sovraffollato. E in tutto questo spazio non c’è neanche una fabbrica, un laboratorio, uno spazio che dia una speranza ai reclusi. Non ci sono neanche punti di contatto con la società civile, con le imprese. Non possiamo lasciare questo alle sporadiche iniziative seppure di valore organizzate dalle associazioni di volontariato".
Per allentare la pressione, può funzionare il decreto carceri allo studio del governo?
"Non l’ho ancora visto nel dettaglio, ma a un primo esame lo trovo debole. Come voler dare un’aspirina a un malato gravissimo. Ma credo che sia inevitabile se la politica vuole mostrare i muscoli più che capire le reali esigenze".
Ma ci sono delle strutture in Toscana che hanno esperienze positive?
"Sicuramente Massa, dove c’è la sartoria industriale e il lanificio. Ci lavorano tutti i detenuti che acquisiscono una professionalità. Fabbricano lenzuola, federe, coperte, copriletto per tutti gli altri penitenziari italiani. Massa è uno spazio industriale unico nel panorama carcerario italiano, dove le persone lavorano metà giornata e percepiscono anche uno stipendio. E poi Volterra con la sua compagnia teatrale".
A Sollicciano cosa si potrebbe fare?
"Da tempo sostengo che deve essere abbattuto e dismesso. Non risponde ad alcuno dei requisiti e delle finalità previste dalla Costituzione. Non c’è nulla che alimenti la speranza e quindi la vita dei detenuti. Manca l’acqua – aggiunge Fanfani –, c’è un caldo terribile, un sovraffollamento inaccettabile, insetti di ogni tipo. Ci sono 500 detenuti ammassati, mentre la cifra ottimale per un istituto penitenziario che veramente punta al recupero del detenuto è sui 100, con un progetto lavorativo definito. A Sollicciano lo spazio ordinario e cosiddetto ‘normale’ è di tre metri quadri a persona, il che significa stare in cinque in una cella di 15 metri quadri. In queste condizioni il sistema detentivo porta alla disperazione e poi alla morte come scelta inevitabile per i più fragili".
Cosa chiede alle istituzioni?
"Chiedo al ministro di chiudere il carcere fiorentino, altrimenti avrà sulla coscienza gli altri morti che verranno, per quanto noi si possa sperare il contrario. Serve una struttura di piccole dimensioni, dove c’è un rapporto diretto con il personale, dove c’è un controllo sociale diffuso, dove c’è propensione alla solidarietà umana anche tra figure diverse. E serve che il ministro metta mano a riforme strutturali che allontanino il pianto dalle nostre carceri".