STEFANO BROGIONI
Cronaca

Il deposito Eni ai raggi X. Tescaroli e l’inchiesta:: "Siamo in fase nevralgica"

Il procuratore capo di Prato alla commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro del Senato: "Al termine del nostro lavoro metteremo a disposizione le risultanze per prevenire nuovi disastri". Gli ultimi sviluppi.

Il procuratore Luca Tescaroli (al centro) in via Erbosa. Sopra, i resti dell’esplosione

Il procuratore Luca Tescaroli (al centro) in via Erbosa. Sopra, i resti dell’esplosione

FIRENZE

Uno scambio di informazioni, quando il segreto investigativo lo consentirà, per prevenire disastri come quello del 9 dicembre scorso a Calenzano, in siti e luoghi di lavoro analoghi.

E’ con questa linea di lavoro condivisa che si è conclusa, ieri, l’audizione del procuratore capo di Prato, ed ex procuratore aggiunto di Firenze, Luca Tescaroli, dinanzi alla commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro del Senato, l’organo che, qualche giorno dopo la sciagura, effettuò un sopralluogo allo stabilimento di via Erbosa, teatro dell’incidente costato la vita a cinque lavoratori: Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso, Davide Baronti, Gerardo Pepe e Fabio Cirelli.

"E’ un’indagine complessa che stiamo svolgendo con estremo rigore - ha detto il capo della procura competente territorialmente -. Al termine metteremo a disposizione le risultanze".

Tescaroli ha precisato che l’indagine si trova "in una fase nevralgica dell’investigazione", in quanto, assieme ai carabinieri del nucleo investigativo di Firenze, "stiamo cercando di raccogliere elementi per ricostruire nel dettaglio come si è verificato il disastro e le responsabilità, ove esistenti".

Ai propositi della commissione, presieduta dal senatore Tino Magni, ovvero di acquisire più elementi possibile ai fini della prevenzione, Tescaroli sì è detto "d’accordo che si debbano scongiurare quelle condotte che nel caso di Calenzano si sono verificate".

Il punto sulle indagini. Ma la procura pratese ha acquisito alcuni punti fermi nell’indagine, ancora senza indagati noti, incanalata tuttavia su un sentiero che pare segnato. E’ stato ad esempio accertato il punto esatto da cui è scaturita l’esplosione: è esattamente quello in cui una squadra di operai della manutenzione stava operando e dentro le condotte smontate potrebbe esserci rimasta della benzina.

Secondo gli accertamenti i manutentori quella mattina erano al lavoro su una linea di rifornimento - una serie di tubi che corrono sopra le corsie di carico - tecnicamente considerata dismessa, da anni, da dedicare al nuovo gasolio Hvo. Invece la conduttura, in base a quanto risulta dai rilievi tecnici, avrebbe conservato residui di carburante o forse addirittura ne stava pompando ancora. Da lì si è generata la fuoriuscita di liquidi, mista a vapori infiammabili in atmosfera, che poi ha provocato il primo scoppio. La procura di Prato sta compiendo una serie di riscontri incrociando le immagini delle telecamere del deposito, i documenti e le testimonianze.

Una ventina di giorni prima dell’inizio dei lavori, era stato effettuato un sopralluogo congiunto per valutare la fattibilità e le condizioni operative per tale intervento. Che venne valutato compatibile con l’attività quotidiana di rifornimento: la procura sta dando la caccia al verbale di quel summit. Secondo la ricostruzione a quell’ora c’erano almeno 4-5 autocisterne sotto la tettoia di carico. I camion erano in coda aspettando di fare il pieno di carburante, mentre una squadra di operai della ditta Sergen era impegnata a rimuovere alcune valvole e tronchetti sulla linea dismessa. I manutentori avrebbero svitato i bulloni di sicurezza di un tubo che avrebbe contenuto ancora carburante, che non era svuotato: questa operazione potrebbe aver innescato l’esplosione per il surriscaldamento provocato dai loro stessi attrezzi o strumenti utensili. Il fascicolo d’indagine è aperto per i reati di omicidio colposo plurimo, crollo doloso di costruzioni o altri disastri e rimozione o omissione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro.

ste.bro.