"E’ brutto avere la memoria corta. Questo film serve anche per recuperare la memoria storica, svela un capitolo importante della storia italiana". Parola di Daphne Di Cinto, l’attrice, regista e sceneggiatrice originaria della provincia di Ravenna in riferimento al suo "Il Moro", il cortometraggio che fa luce sul duca di Firenze Alessandro de’ Medici, primo uomo afrodiscendente a diventare capo di Stato nell’Europa rinascimentale. Di Cinto - nota per il ruolo di Sarah Basset, madre del meglio conosciuto, seppur inventato, Duca di Hastings nella serie "Bridgerton" - è una ferma sostenitrice della diversità e della rappresentazione positiva nel mondo dell’intrattenimento. "Il Moro", che racchiude tutto ciò (anche nella scelta del cast dove Alessandro ha il volto del popolare Boubakar), è in considerazione per la 96esima edizione degli Oscar, nella categoria ‘Miglior cortometraggio live action’.
Daphne, la statuetta sarebbe la ciliegina sulla torta?
"Assolutamente sì. Intanto aspettiamo il 21 dicembre quando sarà annunciata la shortlist. Nel frattempo continuo a portare il corto a più occhi e orecchie possibili. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti in diversi festival e in questi mesi sto girando varie università americane per presentarlo agli studenti e ai docenti. Nei giorni scorsi, durante una presentazione, una ragazza si è avvicinata e mi ha detto ’grazie, perché nessuno parla delle persone afroitaliane’. E poi è scoppiata a piangere. Il mio oscar l’ho già vinto".
Come nasce "Il Moro"?
"Sono una grande appassionata di storia e mi piace leggere. Ho scoperto il background di Alessandro de’ Medici e ho iniziato a studiarlo meglio. Era il figlio di Papa Clemente VII e di una serva di origine africana che nel 1530 divenne duca di Firenze: in pratica un ragazzo di serie B che, non avendo i Medici altri eredi, viene trasformato in un signore. E allora come oggi si dibatteva sul fatto se fosse o meno fiorentino perché aveva la pelle olivastra. Sono rimasta esterrefatta quando, visitando la sua tomba a Firenze, non ho trovato indicazioni del suo nome: né davanti a essa, né nel resto delle Cappelle medicee della basilica di San Lorenzo. E non capivo perché gli altri Medici avessero indicazioni e lui no. Oggi, grazie anche al mio lavoro, davanti alla tomba di Alessandro c’è un pannello che menziona il suo nome".
’Sviste’ di questo genere se ne trovano anche nei libri di storia: perché?
"La storia è stata scritta da uomini prendendo in cosiderazione un solo punto di vista. Dobbiamo imparare ad ampliare gli orizzonti. ’Il Moro’, una fiction basata su una storia vera, mira a essere un’ode all’amor proprio per le persone afroitaliane, afroeuropee e per la diaspora africana, un promemoria del fatto che siamo parte integrante della storia, malgrado il modo in cui ci hanno rifratti fino a ora".
In Italia permangono ancora i pregiudizi sul colore della pelle...
"Sì, ed è triste. Noi italiani siamo migliori rispetto a ciò che arriva alla ribalta delle cronache. Mi riferisco alle narraizoni patriarcali, alla questione di genere e anche al tema razziale. Oggi la ’nerezza’ viene utilizzata come propaganda politica, per inculcare la paura del diverso".
Progetti futuri?
"Mi piacerebbe continuare a raccontare storia dal grande impatto. Studiando Alessandro ho scoperto un altro interessante personaggio: Giulia, sua figlia".