di Paolo Guidotti
L’ombra del vecchio Forteto, quello di Rodolfo Fiesoli e della sua setta, alla fine è stata micidiale anche per l’attività economica della cooperativa. Che l’altro ieri l’assemblea dei soci ha deciso di mettere in liquidazione. Il presidente Maurizio Izzo lo riconosce: "Questo epilogo, purtroppo non è un fulmine a ciel sereno, l’azienda ormai da anni versava in una situazione di difficoltà e di crisi, ha registrato perdite in tutti gli ultimi anni. Da un punto di vista strettamente finanziario è un’azienda che non ha mai superato il trauma delle note vicende giudiziarie, il percorso di crescita della cooperativa si interrompe con l’inizio di quella vicenda e purtroppo devo dire che essa è stata fondamentale nel giungere alla definitiva chiusura della cooperativa". Prima del caso-Fiesoli, il Forteto fatturava 17 milioni di euro, poi scesi a meno di 10 milioni. Izzo e il nuovo consiglio della cooperativa, interamente rinnovato, senza alcun legame con le compromesse gestioni precedenti, le hanno tentate tutte: la composizione negoziata, per fronteggiare la situazione debitoria, la vendita di immobili, compresa la villa abitata da Fiesoli e i suoi adepti, l’abbandono di attività non strategiche, la ricerca di nuove partnership e nuovi prodotti e infine il cambio del nome: non più "Forteto", ma "Forte Mugello". Niente è servito, niente è bastato. "Se ho un rammarico – dice Izzo - è aver tardato a cambiare il marchio". Così 45 dipendenti stanno per perdere il lavoro. Andrea Piccini, della Fai-Cisl, non nasconde la preoccupazione, ma non è sorpreso: "Martedì prossimo parteciperemo al tavolo di crisi in Regione, e ci diranno gli ultimi sviluppi e come si intende procedere. E attiveremo immediatamente la cassa integrazione per i lavoratori. La difficile situazione del Forteto era nota da anni, e a luglio i debiti hanno superato il patrimonio".
Una situazione paradossale: al Forteto non mancano le ordinazioni, il mercato italiano ed estero chiede ancora e in gran quantità i prodotti dell’azienda mugellana, ma non si è più in grado, anche per mancanza di liquidità per l’acquisto del latte, di produrre i formaggi richiesti. Così dal primo ottobre il caseificio, che è uno dei maggiori impianti della Toscana, ha chiuso. Izzo rivolge un appello agli imprenditori, mugellani e non: "Qui ci sono attività come la bottega, il ristoro e il vivaio, immerse in parco e in un contesto di grande valore ambientale, che sono interessanti e sostenibili. E che potrebbero essere acquistati come rami di azienda garantendone così la continuità. Sono attività che funzionano, e che noi non siamo più in grado di portare avanti. La perdita maggiore è generata dal caseificio, costruito per lavorare 5-6 milioni di litri di latte, e che invece non è mai andato oltre i 3 milioni e mezzo. C’è comunque un portafoglio clienti importante e ‘Forte Mugello’ è una delle prime aziende sui mercati esteri in particolare su quello americano, e con una presenza diffusa nelle principali reti della grande distribuzione. E’ un patrimonio che si dovrebbe non disperdere, lo stabilimento c’è e chi ha la finanza per farlo girare ne avrebbe la possibilità, anche meglio di quanto lo abbiamo fatto girare noi". Ma il tempo stringe. Tra poco più di un mese il Ministero dovrà nominare un liquidatore. E sarà avviata la procedura fallimentare. "Ci auguriamo che possano presto emergere nuovi elementi per sostenere questa difficile fase", dicono Legacoop e Confcooperative Toscana.