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Il giallo dei quadri razziati dai nazisti. In un libro la verità sul mistero

Le opere appartengono al patrimonio artistico italiano ma furono deportate a Belgrado. Nel volume dei giornalisti Romanin e Sinapi un’analisi basata su documenti storici e giudiziari. .

Questa storia ruota attorno a otto importanti quadri – che appartengono al patrimonio artistico italiano – illegittimamente “detenuti” a Belgrado, nel museo nazionale serbo. Come ci siano arrivati dal nostro Paese è ancora un mistero. Mistero a cui, in modo accattivante, lineare e sulla base di documenti storici e giudiziari, danno una risposta i giornalisti Tommaso Romanin e Vincenzo Sinapi che, con il loro “Bottino di guerra – Il giallo dei quadri razziati dai nazisti e deportati a Belgrado”, edito da Mursia, sono riusciti a scoprire che buona parte delle opere trafugate dal Nord al Sud dell’Italia tra il 1940 e il 1945 non sono otto, bensì 17.

Il testo, degno del film “Monuments man” (diretto e interpretato da George Clooney), prende le mosse dall’indagine di un carabiniere del Nucleo Tutela del patrimonio culturale di stanza a Firenze, che, navigando su internet, si trova di fronte a un quadro facente parte di una esposizione allestita alcuni anni prima a Bari e Bologna. Quel dipinto, di proprietà di Herman Goering (secondo solo ad Adolf Hitler), era stato portato nei palazzi e nelle abitazioni dei gerarchi del Terzo Reich durante l’occupazione, facendo sì che se ne perdessero le tracce. Ma galeotta fu quella mostra che, poi, diede il via a un’inchiesta che, nel 2014, ha portato alla luce ciò che nessuno si aspettava. Un coup de théâtre che rende il racconto della coppia di cronisti-investigatori ancor più avvincente. Perché la magistratura scoprirà che altri sette dipinti avevano fatto lo stesso percorso. La “truffa” viene preparata per mesi e si consuma in due giorni, il 2 e il 10 giugno 1949, quando 166 oggetti lasciano per sempre il palazzo di Monaco di Baviera dove gli Alleati avevano stipato l’arte saccheggiata dai nazisti nei Paesi occupati. Li ha portati via con l’aiuto della moglie il croato Ante Topic Mimara, mezza spia e mezzo imbroglione, accreditandosi come rappresentante jugoslavo.

I beni raggiungono Belgrado e vengono incamerati dal Museo nazionale. Qui rimangono per anni, catalogati e restaurati con l’aiuto del Governo italiano e di alcune Sovrintendenze. Una collaborazione che porta quei dipinti “ricercati” in mostra, anche nel capoluogo emiliano. Nasce così una incredibile indagine, sulle tracce di opere di artisti importanti, come Tintoretto e Carpaccio. Otto, ma probabilmente più del doppio.

Tommaso Romanin – giornalista Ansa della sede regionale dell’Emilia Romagna con la passione per la cronaca nera e giudiziaria – e Vincenzo Sinapi – redattore capo dell’Ansa a Napoli, giudiziarista e inviato nelle aree di crisi del mondo -, con il loro lavoro, tutto da leggere, hanno aggiunto un importante tassello al giallo delle opere italiane razziate durante la Seconda guerra mondiale, molte delle quali scomparse nel nulla.