"Va ascoltata la voce di chi lavora nella moda e nelle sue filiere". È il monito che parte da Firenze ma che riguarda un po’ tutto il Paese visto che è un settore chiave dell’economia italiana. E la moda, soprattutto in Toscana, da un paio di anni è in sofferenza. Una situazione a cui serve dare un’inversione di rotta al più presto. Proprio per questo la manifestazione regionale di ieri per la qualificazione delle filiere e la tutela dell’occupazione del settore moda, ha visto scendere in piazza circa duemila lavoratori. Un’alta adesione allo sciopero di otto ore che in provincia di Firenze, epicentro della crisi, era stato proclamato da Filctem-Cgil, Femca-Cisl, UilTec e Fim-Cisl, Fiom-Cgil, UilM, ovvero le categorie dei settori pelletteria, concia, tessile, abbigliamento, calzature e metalmeccanico (coinvolto con gli accessori metallici). Fischietti, bandiere e striscioni per i lavoratori che insieme a delegati e rappresentanti sindacali, hanno sfilato per le vie del centro, partendo da piazza Adua, proprio accanto alla sede di Confindustria Toscana, fino ad arrivare in via Cavour, davanti alle sedi di Prefettura e Consiglio regionale. In piazza anche delegati del settore moda che hanno il contratto del commercio (provenienti da Burberry, Gucci, H & M, Prada, Yves S. Laurent, Valentino, Fendi), insieme alla Filcams Cgil.
"Alle imprese chiediamo di mettere in trasparenza e legalità le filiere produttive, concentrando qui i volumi produttivi, e riducendo i subappalti" dice il segretario generale della Cgil, Bernardo Marasco, che chiede a gran voce un distretto più qualificato e competitivo. Ma prima bisogna uscire dalla crisi, salvaguardando i posti di lavoro. "In questo anno ci giochiamo il distretto di domani" dice Marasco riferendosi al 2025 quando imprese dovranno riorganizzarsi e nel farlo avranno bisogno di una robusta iniezione di ammortizzatori sociali per sventare esiti sociali drammatici. Soltanto allora si capirà se ‘Il lavoro non è fuori Moda’, lo slogan della manifestazione si sarà trasformato in un impegno vincente di istituzioni e capitani d’azienda.
"Le otto settimane stanziate sono aria fresca - tuona Marasco – intanto perché non riguardano il settore della concia, della pelle, della metalleria ovvero buona parte del distretto. Sono inoltre acqua fresca perché abbiamo bisogno sia di azzerare i contatori ordinari della cassa integrazione, sia di avere settimane straordinarie perché il 2025 complessivamente sarà l’anno della riorganizzazione". Anche Silvia Russo, segretaria generale Cisl Toscana, è convinta che lavoratori e datori di lavoro deveno combattere questa battaglia uniti. "Dbbiamo salvare subito lavoratori, salari e competenze, terzisti e aziende, sfidando i committenti e sollecitando il governo a varare un’operazione più ampia sugli ammortizzatori" dice, mentre Paolo Fantappiè, segretario generale Uil Toscana, auspica un cambio di mentalità: "Servono idee nuove, a partire da un nuovo sistema imprenditoriale che non veda più la volontà di far emergere il proprio individualismo, ma che ricerchi la volontà di aggregarsi, di fare massa critica tra le imprese per poter dare un’unica risposta alle richieste della committenza".
Durante la mattinata di protesta, delegazioni sindacali hanno incontrato a margine del corteo il presidente di Confindustria Toscana Maurizio Bigazzi ("non c’è un ‘noi’ e un ‘voi’: la moda è il nostro automotive", sono state ricevute nel palazzo della Prefettura e hanno poi partecipato a un incontro nella sede del Consiglio regionale della Toscana, con il presidente Antonio Mazzeo, i capigruppo consiliari di tutte le forze politiche, gli assessori regionali Leonardo Marras, Monia Monni e Alessandra Nardini. Oltre alla discussione del tema in consiglio regionale (con l’auspicio del presidente di arrivare a una mozione unitaria), il governatore Eugenio Giani ha già messo in calendario per il 18 novembre un incontro con tutte le parti coinvolte nella crisi. E la situazione preoccupa molto anche la sindaca di Firenze, Sara Funaro. "Rischia di avere forti ripercussioni negative sul territorio, sia a livello economico che sociale. Ci attiveremo per chiedere al governo di intervenire concretamente per aiutare un settore che fa parte del patrimonio produttivo del Paese e che tiene alto nel mondo il valore del made in Italy".