Don Aldo Menichetti, parroco di Firenzuola – e di San Pellegrino -, del centro di Accoglienza nella piccola frazione sull’Imolese, si è già occupato in passato. Mesi fa la parrocchia organizzò un’iniziativa proprio su questo tema: "Non fare lo struzzo" era il titolo. Ora don Aldo (in foto a destra) non mette la testa sotto la sabbia e dice la propria: "La chiusura del centro – nota – sarebbe una sconfitta per la comunità firenzuolina. E mi fa strano – dice riferendosi al documento approvato in consiglio comunale da centrosinistra e centrodestra – che i due gruppi consiliari, che si scontrano su tutto, proprio su questa cosa si siano trovati d’accordo".
"Certamente – continua il parroco - una cosa che nasce male finisce male. I problemi e i cambi di gestione, il commissariamento. Poi il luogo non è adatto, è lontano. E i numeri delle persone alloggiate sono troppo alti, difficili da gestire". Ma c’è un ma… "Ridimensionando il numero, trovando un luogo più adatto, l’accoglienza potrebbe continuare. Si dice "si chiude", e questi dove li sbattono? Se si diminuisce il numero, saremo in grado di continuare a fare qualcosa di buono, nel senso dell’accoglienza, per queste persone meno fortunate di noi. Io li ho sentiti, hanno storie di sofferenza e di paura, ti raccontano cose che fanno rabbrividire".
Don Aldo parla alla Firenzuola solidale: "Lo si è sottolineato poco, ma quella decina di persone che si sono adoperate per dar loro una mano, per insegnar loro l’italiano, è una cosa positiva, che ha dato buoni frutti: ci sono ragazzi che hanno trovato un lavoro qui, altri andranno a Borgo San Lorenzo a fare l’esame di lingua. E c’è stato impegno a trovare fondi per pagare ai ragazzi il biglietto per il bus, per procurare vestiario". Il parroco non nasconde le difficoltà, ma invita a non esasperarle. "A San Pellegrino ormai non ne possono più, hanno chiesto incontri, organizzano manifestazioni, sono esasperati soprattutto dal numero. Anche se devo dire che non ho mai sentito di aggressioni o fatti spiacevoli. E quando i Carabinieri vanno al Cas vengono chiamati perché ci sono problemi tra di loro, difficoltà di convivenza. Sbaglieremmo a rimettere tutti la testa sotto la sabbia".
Paolo Guidotti