Il nome del Natale è già inclusivo così

Ha suscitato non poche polemiche la decisione della Commissione interna dell’Istituto Universitario Europeo di cambiare il nome alla festa di Natale a favore di "festa d’inverno", al fine di eliminare ogni accenno religioso in attuazione del "piano per l’uguaglianza etnica dell’EUI".

Era davvero necessario e opportuno cambiare la parola? Ritorniamo alle origini. La "festa d’inverno" risale alle popolazioni celtiche, fatta propria poi dai Romani: cadeva il 21 dicembre, in occasione del solstizio d’inverno, allorché la luce del giorno inizia ad allungarsi, rinasce la natura e con essa la spiritualità degli esseri umani. La Chiesa poi la spostò al 25 dicembre con il duplice obiettivo di celebrare Gesù Cristo e dare vita a un’alternativa alla festività pagana. Natale, dunque la "rinascita", è già festa di tutti, il "ritorno alla luce" indipendentemente dalla religione professata. Non è un caso che l’Istituto Europeo insieme al mercatino e ai canti di Natale, mantenga la tradizione dell’albero. Tradizione pagana, quella dell’abete, eretto per la prima volta a Tallin, in Estonia nel 1441 e solo più tardi accettato dalla Chiesa: a differenza del presepe, concepito da San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, di schietta impronta cristiana. La ricorrenza ha un valore etico e culturale, proprio della tradizione occidentale: la disponibilità al dialogo, all’accoglienza, alla cosiddetta "inclusione" non può metterla in discussione, poiché appartiene alla nostra stessa identità di popolo. Il Natale è soprattutto un’atmosfera di amore e di rispetto reciproco, di serenità e di pace, di edificazione dello spirito che attraverso i simboli – tutti i simboli, compreso il presepe – si crea e si respira. Uno stato d’animo magico, un "miracolo" che si rinnova ogni anno e ci accompagna dalla più tenera età per l’intero arco della vita. Impresa ardua quella di eliminare ogni richiamo religioso quando si entra a far parte di una società dalle forti radici. Penso, ad esempio, al disagio che può creare il computo degli anni prima e dopo la nascita di Cristo: un riferimento da cancellare? C’è stato già chi l’ha fatto, con un nuovo calendario, iniziando dalla marcia su Roma, anno I: ma non è durato a lungo.