Dove una volta c’erano i lavoratori della Fiat e in tempi più recenti, correva l’anno 2017, un grosso stagno dovuto al blocco del pompaggio, tra pochi giorni ci saranno studenti – presumibilmente molti d’Oltreoceano – e turisti. Quel che già c’è, e come nella più fiorentina delle tradizioni divide il quartiere, è quel gigante grigio, The Social Hub, apertura fissata per il primo febbraio, con al centro una scalinata monumentale su cui troneggia la scritta a caratteri cubitali ‘Come as you are’.
A spaccare chi vive e frequenta San Iacopino, è innanzitutto la funzione: da una parte c’è chi sostiene che vanno pure bene gli spazi pubblici e commerciali, ma essenzialmente si è cementificato di nuovo per svendersi al turismo; dall’altra chi sottolinea che la maxiopera potrebbe ridare linfa vitale e passaggio di persone a un rione in difficoltà sotto il profilo commerciale e malfrequentato. A riassumere le due posizioni è Emanuele Cecchetti, che per anni ha avuto il bar di via Guido Monaco: "Non sono del tutto contrario a quest’opera – sottolinea – E’ vero che è una cementificazione ulteriore che non va a beneficio dei fiorentini, che è uno strumento ulteriore del turistificio; però è altrettanto vero che essendo quelle in zona strade depresse potrebbe portare lavoro alle attività esistenti e favorire la nascita di nuove. Ormai la sua realizzazione è un dato di fatto, piaccia o non piaccia: vero, potevano fare un parco, però potrebbe essere l’occasione buona per ridare linfa vitale alla zona e disincentivare la microcriminalità che purtroppo dilaga la sera".
Adesso nel bar di via Guido Monaco ci lavorano Camilla Vaggelli e Michele Caparo che evidenziano come il turismo stia mangiando la fiorentinità: "Sicuramente porterà movimento pedonale, perché da quando c’è la tramvia non c’è più passaggio. Ma noi venderemo perché vogliamo andare via da questa città. Magari intercetteremo qualcuno che preferisce un localino più intimo e familiare, però queste grandi realtà tolgono ossigeno alle piccole attività".
"Sto qui da 34 anni e ho visto la fuga dei fiorentini – prende la parola Michele – Firenze sta diventando una città turistica e i residenti sono andati fuori affittando ai visitatori. Qui sono rimaste una decina di famiglie in tutta la via".
Pone l’accento sulla sicurezza e sul passaggio anche la tabaccaia Alba Berchielli: "Finalmente qualcosa di nuovo al posto della buca con le papere. E poi la sera quando chiudo mi sento più sicura, perché è tutto illuminato. Via Monaco è martoriata dai malviventi senza mai un controllo: drogati, spacciatori, spaccate...".
"Almeno porteremo fuori il cane la sera e si troverà tutto illuminato e presidiato dall’alto. Non come ora, che incontriamo soggetti pericolosi", auspica il dottor Paolo Santoro che abita proprio davanti all’hotel. Tuttavia il cemento ha tappato il panorama: "Per noi di viale Belfiore non sarà una meraviglia, ma l’impatto è tollerabile, anche se è un progetto che nasce stilisticamente già vecchio se confrontato i più avveniristici che trovi all’estero. E poi non vedo più Monte Morello dalla finestra, né le Montagne Pistoiesi con la neve e mi dispiace. Ma chi sta verso via Benedetto Marcello è messo molto peggio: si trovano questa grande struttura non vedono più il Duomo". In via Benedetto Marcello confermano: "Architettonicamente non è il massimo, è troppo impattante, poteva essere un’opera più piccola e che si integrasse di con l’ambiente, così è completamente avulsa, la facciata sul retro poi non piace per niente – sottolinea Rosanna Bari –. Il viale Belfiore non aveva bisogno di essere riqualificato: non era degradato. Di sicuro però i servizi offerti avranno un riscontro positivo non solo per i turisti ma anche per i fiorentini".
E per vedere il Duomo? Non resta che salire quella scalinata: "Spero di tornarci da turista perché è un albergo bellissimo. Il panorama, in cima alla scala, è spettacolare, si vedono il Duomo e i principali monumenti", garantisce Diego Pasini, muratore che quella terrazza l’ha costruita con le sue mani, "con la qualità dei muratori bergamaschi", scherza il collega Demis Alberti. "Edificio e scalinata non sono impattanti a livello architettonico perché è inserito in un contesto omogeneo di palazzi del Dopoguerra – è invece il parere di Marco Franciolini, architetto che ha appena visitato lo spazio di coworking – Inoltre offre nuovi spazi pubblici e arricchisce un rione che era povero da questo punto di vista. È vero che è un intervento che copre una metratura importante, ma una parte viene ridata alla città, porterà persone e turismo fuori dal centro storico congestionato da anni".
"Bello non è bello – è la riflessione finale di Renato Rossetti – ma porta lavoro, turismo e vitalità alla zona ed è un bene".