REDAZIONE FIRENZE

Il Pegaso d’Oro a Patuelli: "La forza delle radici tra Ravenna e Firenze"

Il presidente dell’Abi ha ricevuto la massima onorificenza regionale. L’invito ai governatori: "Rimuovere le barriere fisiche, infrastrutturali".

Antonio Patuelli con la moglie Giulia Gennari alla cerimonia. del Pegaso d’Oro

Antonio Patuelli con la moglie Giulia Gennari alla cerimonia. del Pegaso d’Oro

"Questo Pegaso mi emoziona in una maniera che forse non merito". È con gratitudine e riconoscenza che il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha ritirato a Palazzo Strozzi Sacrati il Pegaso d’Oro, la massima riconoscenza simbolo della Toscana, per il suo "contributo significativo nella promozione di un modello bancario vicino ai cittadini e ai territori". Ma dietro alla formalità c’è un mondo e una storia che lega a doppio filo l’Emilia-Romagna e la Toscana, le due regioni di Patuelli, economista ma anche firma storica de La Nazione e de Il Resto del Carlino dal 1976. "Antonio Patuelli è stato straordinariamente vicino alla nostra Toscana", le parole del presidente Eugenio Giani. Una presenza "giusta e bella" quella di Patuelli a Firenze ieri, anche per un’altra ragione: la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra Giani e il neo governatore dell’Emilia Romagna Michele De Pascale. In grado di "rinvigorire" quello siglato in segretezza nel settembre del 1859 in un convegno a Scanello, lungo la Futa alle porte di Loiano, tra i vari Ricasoli, Farini, Cipriani, Minghetti e Audinot per gettare le basi dell’unificazione nazionale, come ricordato dallo stesso Patuelli nel suo intervento.

"Ecco le mie radici - ha aggiunto -, il mio augurio più sincero rivolto ai presidenti di Toscana ed Emilia-Romagna. Oggi come allora non vi sono barriere doganali da rimuovere, ma fisiche, infrastrutturali, facendo sì che queste due regioni così articolate e complesse possano essere dei fari in una Europa che abbia la forza, la convinzione e gli ideali di realizzazione completa". Radici che affondano nell’età della formazione di Patuelli che dalla sua Ravenna scelse di frequentare l’università frequentata in Riva d’Arno ("Una bizzarria 55 anni fa"), ma anche i primissimi articoli di cultura, da neolaureato, pubblicati su La Nazione sotto la direzione di Domenico Bartoli.

"Spero l’anno prossimo di riuscire a festeggiare i 50 anni della mia ininterrotta collaborazione a La Nazione e al Resto del Carlino", il desiderio di Patuelli. Il quale, in Toscana, ha imparato il metodo, una bussola sensibile nel modo di lavorare: "Imparai che il metodo vien prima del merito delle questioni", rileva il presidente Abi. Ma la sua "antica romagnol-toscanità" è stata corroborata dalla "adorata moglie", dal rapporto con Firenze, dal legame speciale con l’Isola d’Elba, "rigenerante" per la comodità di "respirare aria buona mentre si lavora". "Il Pegaso produce in me molte emozioni - ha ammesso Patuelli -. Come il suo significato intrinseco: il sogno di libertà. Ma spero che questo riconoscimento non debba più essere strumento ideale per facilitare il cavalcamento faticoso dell’appennino".

Qui, il rimando all’attualità, allo stato di salute della nostra infrastruttura ferroviaria, tema di cogente attualità. "Nonostante l’inversione a Marradi, il treno Ravenna-Firenze, quello di Dante Alighieri, c’era. Per iscrivermi all’università presi quello delle 5.33 del mattino per il timore di code lunghe. Poi nella mia vita istituzionale ho avuto la fissazione del ripristino del vecchio tracciato, non solo per andare da Ravenna a Firenze, ma per collegare bacino turistico di Firenze con la California d’Italia: la riviera romagnola. Eugenio e Michele andate avanti sull’indirizzo di Ricasoli e Farini, facendo cadere non le barriere doganali, ma fisiche verso un trasporto sostenibile, economico ed efficiente", l’appello di Patuelli rivolto ai governatori De Pascale e Giani.

Francesco Ingardia