Vichi
Piega e ripiega quella tela azzurra piena di miliardi di piume d’oca minuscole... una volta era il nostro nido, o roba simile. Accanto al letto, già pronta, vedo una grande borsa dove finirà quel maledetto piumino. Non mi sembra giusto, ma non posso farci nulla. Lei spinge con calma tutto nella borsa, con le sue belle dita, e chiude la lampo. Non mi ha ancora guardato negli occhi, e chissà se lo farà. Non sarebbe male se dicessi qualcosa, ma non mi viene niente. Lei ha finito. Con la borsa in mano esce dalla stanza, e io le vado dietro.
"Era tuo, il piumino?" chiedo, ma voglio solo trattenerla un minuto in più .
"Sì, è mio" dice lei, avanzando verso l’uscita. Il suo passo è naturale, elegante come quello di un ghepardo. È davvero affascinante.
"Hai lasciato l’ascensore aperto" dico seguendola.
"Credevo di metterci meno tempo"
"Lo sai che non si fa"
"Certo che lo so" dice lei sbuffando. Mi piace un sacco quando sbuffa in quel modo.
"Se arriva qualcuno gli tocca andare a piedi" dico ancora.
"Quanto la fai lunga..." dice lei. Però l’ha detto in modo gentile, non ce l’ha con me. Non mi ama.
"Non te ne andare subito" penso, e scivolo dietro di lei fino alla porta.
"Non dimentichi nulla?" chiedo.
"Non credo" fa lei. Mi dice ciao, apre la porta e la richiude dietro di sé. Resto fermo, e provo a ragionare. Lei è uscita, se n’è andata. Prima stavamo insieme, ora non più, ecco tutto. Ragionamento finito. Bello come ragionamento. Mi appoggio al muro e cerco di riordinare le idee. Suona il campanello. So che è lei, non c’è da sbagliare. Riconosco il tocco. Cosa vorrà dirmi?
"Sì?" dico, aprendo la porta. Mi trovo davanti i suoi occhi.
"Queste sono tue" dice, e mi fa scivolare in mano due chiavi. Le mie.
"Ciao" dice ancora, e questa volta non chiude la porta. Se ne va e basta. Esco sul pianerottolo. La guardo entrare nell’ascensore, sento il clunck dello sportello, e un lieve zuuuuuuu comincia a portarsela via. Attraverso il vetro della cabina che scende colgo un’immagine, Sonia che abbassa gli occhi e manda in fuori le labbra, come i bambini imbronciati. Torno dentro e chiudo la porta. Vado fino in camera, poi torno indietro. Cammino per la casa. Nella mente vedo Sonia che abbassa gli occhi e manda in fuori le labbra, come i bambini imbronciati.
(9 - fine)