Firenze, 15 giugno 2023 – Bocche cucite e occhi rivolti verso il basso. C’è omertà tra gli inquilini dell’ex hotel Astor quando si parla del racket delle stanze. Chi si affaccia dalle porte nega ogni possibile pagamento, sfratto coatto o faide interne per un posto dove dormire. Le indagini della procura, però, danno un’altra versione.
La pista seguita dagli inquirenti guidati dal procuratore aggiunto Luca Tescaroli è quella di un "sequestro di persona a scopo minatorio o ritorsivo per controllare il racket degli affitti della struttura. La bambina - aggiunge il pm - ricade in una delle fazioni contrapposte e l’albergo veicola un’attività criminale".
Il racket vedrebbe coinvolti tre distinti gruppi, due composti da cittadini di origine peruviana, uno dei quali vicino alla famiglia di Kata, un terzo di romeni (per un totale di circa sessanta famiglie).
Dentro l’ex albergo, l’affitto per una ‘camera’ andrebbe dagli 800 euro senza bagno, arrivando fino anche ai 1.500 euro se con i servizi. Una versione simile la racconta alla Nazione anche lo zio della bambina, Abel Alvarez Vasquez, che denuncia di "aver pagato per entrare nell’appartamento" una sorta di pizzo.
Vasquez punta il dito contro l’altra famiglia di peruviani, che avrebbe "preso i soldi e poi chiesti tanti altri per farci rimanere" dando così vita a continue frizioni sfociate anche in azzuffate. Un ritratto delle dinamiche di potere interne al quale si aggiungono anche due figure chiave. Una donna romena e un uomo peruviano, che si dividono rispettivamente la gestione delle locazioni delle due comunità e stabiliscono un prezzario. Entrambi negano qualsiasi scambio di soldi e favori, anche se i loro nomi rimbalzano su tutte le bocche degli occupanti, che non smentiscono il loro ruolo di ‘controllori degli appartamenti’: "Decidono chi entra e chi esce, quanto si deve pagare e quanto si può rimanere".
Attriti, quelli tra peruviani e romeni, che la pioggia caduta ieri non ha lavato via. Anzi. "Appena abbiamo appeso i volantini con i la foto di Kata - denunciano gli inquilini peruviani - alcuni di loro l’hanno staccati e strappati". Una sorta di replica da parte della fronda opposta è arrivata nel pomeriggio di ieri: "Hanno scritto che c’entrano i romeni, ma non c’entrano nulla, è tutto tra loro - ha urlato fuori dallo stabile una donna di origine romena -. I peruviani lo sanno dov’è la bambina. Non lo sappiamo noi romeni, i bambini giocano qua fuori, perché hanno preso la loro bambina e non una nostra? È perché dieci giorni fa si sono picchiati". Parole che hanno fatto scattare l’ira della comunità peruviana, che nel tardo pomeriggio è arrivata alle mani con alcuni inquilini romeni, accusandoli di aver "parlato troppo" e di "non dire la verità".
La donna, nella sua invettiva, fa riferimento all’episodio del 27 maggio, quando dopo un’aggressione un sudamericano è precipitato in strada. "Gli hanno dato una botta con un ferro in testa - racconta - e per la paura si è buttato di sotto e dopo una settimana è sparita la bambina. Noi siamo stufi di questa situazione". Scintille che non nega neanche lo zio di Kata, che parla di vecchie risse, una delle quali ha visto protagonista anche il padre della bambina peruviana, minacce e "lame lunghe come un avambraccio".
A fine marzo invece ci fu una maxi scontro a bastonate, bottigliate e calci. E ancora, sempre a marzo, si era scatenata l’ennesima battaglia dopo che una 19enne e il fratello, 14 anni, hanno raggiunto i genitori già alloggiati nell’ex hotel. Un aumento di “utenze” nell’appartamento che fece volare, anche in quel caso, bottigliate e pugni.