Il premio Spadolini a Pupi Avati: "Mia madre sarebbe commossa"

Il regista ha frequentato scienze politiche a Firenze. I ricordi della gioventù da musicista e gli artisti dimenticati

Il premio Spadolini a Pupi  Avati: "Mia madre sarebbe commossa"

Il regista ha frequentato scienze politiche a Firenze. I ricordi della gioventù da musicista e gli artisti dimenticati

CASTIGLIONCELLO (Livorno)

Oggi alle 18 il regista Pupi Avati (nella foto) riceverà nel parco del Castello Pasquini il premio "Giovanni Spadolini – cultura politica" che cade a trent’anni della scomparsa del grande statista e giornalista. Organizzatori sono il Comune di Rosignano Marittimo e la fondazione Giovanni Spadolini/Nuova Antologia. Raggiungiamo Avati al telefono: "Questo premio è per me particolarmente importante", dice Pupi Avati, "perché va a risarcire speranze e aspettative di mia madre, che non c’è più".

Quali erano le aspettative?

"Vede, io sono stato un allievo di Giovanni Spadolini. Fu mia madre a insistere affinché mi iscrivessi alla facoltà di Scienze politiche, a Firenze: il preside di facoltà era questo personaggio così prestigioso, così carismatico. Ma io, ragazzo con velleità artistiche, suonavo il clarinetto in giro per l’Europa con una orchestra jazz. E alla fine non mi sono laureato. Mia madre sarebbe commossa nel vedere che ricevo un premio intitolato a lui".

Vi siete incontrati all’epoca? "Solo nei corridoi della facoltà. Lui era troppo autorevole e io troppo timido per farmi avanti".

Castiglioncello è città di cinema, luogo preferito per le vacanze degli artisti: "Non solo: ma per me è un luogo speciale, perché ci ho suonato un’estate intera, in un locale chiamato Riviera degli Etruschi. C’erano grandi artisti, un po’ come alla Bussola: da Mina a Celentano, da Fred Buscaglione a Rita Pavone. E noi suonavamo prima di loro. Capitava che ci venissero a sentire Sordi, Mastroianni, Stoppa, Suso Cecchi d’Amico".

Ebbe scambi con loro?

"No: ci ascoltavano, sì, ma con un po’ di sufficienza. Ma noi avevamo altri problemi…".

Quali?

"Il gestore del locale non aveva soldi per pagarci e io dovevo pagare l’affitto dell’impianto sonoro. Finì che madre venne da Bologna con una valigia, piena dell’argenteria di casa Avati, per impegnarla al Bagno dei pegni di Livorno e poter pagare gli strumenti!". Mastroianni, Sordi, Stoppa: sembra di ascoltare voci da un mondo un po’ dimenticato: "Ed è così. La rimozione di questi grandi personaggi è terribile. La sopravvivenza, nei discorsi, è garantita solo a Federico Fellini, l’unico ancora citato come artista. Quando ai ragazzi delle scuole dici ‘De Sica’, ti dicono ‘Christian!’. Il padre Vittorio, uno dei più grandi registi e attori al mondo, è come scomparso nel nulla".

Adesso a cosa sta lavorando?

"Sto montando un docufiction su Benedetto Croce sull’ultimo Natale del 1951. Abbiamo girato, grazie a Benedetta Craveri, scrittrice e nipote del filosofo, a casa di Croce, in mezzo a settantamila volumi, la biblioteca di uno dei più grandi intellettuali del ’900. Mi sono ubriacato della ebbrezza che danno i libri".

Giovanni Bogani