Firenze ha risposto positivamente all’invito rivolto dall’arcivescovo della città, cardinal Betori, a fare il presepe nelle case, a scuola, in parrocchia, "nei luoghi ove vivono anziani o malati". Al di là dei presepi artistici e monumentali, dal sagrato del Duomo a Santa Croce, a quelli esposti nelle vetrine delle attività commerciali sotto l’egida del comitato promotore delle "Capannucce in città", è da apprezzare la rivitalizzazione delle tradizioni natalizie in seno alle famiglie: ben sei su dieci allestiscono il presepe. Il desiderio di "sentire" la più toccante ricorrenza alla maniera antica e di partecipare visibilmente al momento di comune gioia, ha prevalso sulle tante remore avanzate in nome della integrazione e della distinzione religiosa, giunte a mettere in discussione l’espressione stessa di "festa di Natale", il cui significato profondo, in realtà, rappresentato dalla nascita del Bambinello nella povertà della stalla, è un messaggio universale di pace e di speranza.
Ottocento anni sono trascorsi da quando San Francesco a Greccio, la nuova Betlemme, avvertì la necessità di rinnovare ogni anno la raffigurazione cui aveva assistito quel 25 dicembre 1223, ovvero donne e uomini discesi dai monti, usciti dai casolari, con le torce accese ad illuminare la magica notte: al fine di integrare il linguaggio liturgico con la scenografia – il presepio – di un amore perenne.
Niente è scontato. Le tradizioni non sopravvivono per otto secoli se diventano vuote abitudini. Ripercorrendo le cronache della nostra città, ad esempio, mi ha colpito la testimonianza di uno scrittore, Arturo Lancellotti, nelle pagine di "Nuova Antologia" del gennaio 1925, il mese del discorso di Mussolini in Parlamento, inizio della dittatura: l’atmosfera felice nei grandi centri, Firenze in testa, risultava affievolita; si ritenevano "provinciali" gli addobbi natalizi e le manifestazioni esteriori, quali albero e capannuccia, confinate sui monti e nelle campagne. Unico elemento identitario sopravvissuto sulle rive dell’Arno era il "ceppo": un fantoccio esposto fuori dalla finestra, con un canestro vuoto nel braccio dove Babbo Natale deponeva i doni. Se oggi del "ceppo", sinonimo di regalo natalizio dato ai clienti dai negozianti, se ne parla meno, nella ricostruzione del presepe è riflessa in modo perenne la nostra umanità.