Il processo d’appello "Bissoultanov uccise con una furia cieca: merita l’ergastolo"

I pm tornano a chiedere il massimo della pena per il ceceno. Ma l’imputato è latitante da un anno. L’ipotesi: arruolato in guerra.

Il processo d’appello  "Bissoultanov uccise  con una furia cieca:  merita l’ergastolo"

Il processo d’appello "Bissoultanov uccise con una furia cieca: merita l’ergastolo"

FIRENZE

"Una furia cieca". Il pm Erminio Amelio non ha spostato la sua convinzione di una virgola. E ieri, nel processo d’appello in corso a Roma per l’omicidio di Niccolò Ciatti, il 22enne di Scandicci ucciso da un calcio alla testa nell’agosto del 2017 in una discoteca di Lloret de Mar, ha ribadito la sua richiesta di ergastolo per l’imputato di quell’atroce delitto, il ceceno Rassoul Bissoultanov.

"Non ci fu nessuna rissa", rafforza il procuratore generale Debora Landolfi. La requisitoria dell’accusa si conclude con la richiesta di aumentare la pena per il picchiatore, professionista della lotta e dell’Mma: in primo grado, la corte d’assise gli ha infatti inflitto 23 anni. Nel precedente processo, non erano state riconosciute le aggravanti dei futili motivi.

Ma ora, i pm tornano alla carica. "Le telecamere hanno ripreso l’aggressività di Bissoultanov, la sua spavalderia e la ferocia che non si è fermata neanche davanti a un corpo inerme a terra - sostengono i magistrati - la crudezza del video che ha immortalato l’omicidio è indicativa: Bissoultanov dà calci da perfetto professionista, con tecnica da mma".

"Ha ucciso Niccolò con un calcio alla tempia, ‘sferrato con l’intento di provocare la morte’ come scrivono anche per i giudici spagnoli", proseguono i pm, secondo i quali il calcio di Bissoultanov è stato "una sorta di esecuzione". "La fantasia difensiva ha detto che quella sera ci fu una rissa - concludono i magistrati - ma una rissa, come mostrano le immagini delle telecamere, non c’à mai stata. Nessuna rissa, ma una feroce aggressione".

Dopo l’accusa, hanno preso la parola i difensori della famiglia Ciatti, presente in aula. Prima che la Corte d’assise d’appello si ritirasse in camera di consiglio (la sentenza è attesa il 5 luglio) ci sono state le repliche dalla difesa, che prima dell’inizio della discussione aveva tentato di cancellare il processo italiano in favore della giurisdizione spagnola. Tentativo fallito per l’ennesima volta.

"L’unica cosa che possiamo fare per Niccolò è dare un segnale contro questa violenza ed è giusto che ci sia una giustizia che punisce chi commette questi atti. Per questo speriamo si arrivi a una sentenza esemplare e soprattutto che questo assassino vada in carcere", ha commentato il babbo Luigi in una pausa dell’udienza. Per lui e la moglie Cinzia, che hanno seguito ogni tappa di un iter processuale lungo e tortuoso, "essere qui è indispensabile e difficilissimo. E’ indispensabile perché è l’unica cosa che possiamo fare per Niccolò. Difficilissimo come può essere, dopo aver cresciuto un figlio, rivederlo in un letto di ospedale, in fin di vita, senza speranza".

Bissoultanov è latitante da quasi un anno. Le speranze di una cattura sono legate a un mandato d’arresto internazionale. Ma sinora, secondo fonti investigative, nessuna segnalazione. L’ipotesi su dove possa essersi rifugiato sono tante. Anche quella che possa aver raggiunto teatri di guerra. Con o contro Putin, poco importa: l’obiettivo del ceceno è quello di evitare la prigione da cui è miracolosamente scampato finora. E anche di scontare la pena più lieve, al momento quella spagnola. L’accelerata del processo italiano, però, potrebbe consentire di far diventare definitiva per prima la “nostra“ sentenza.

ste.bro.